Elogio della lentezza di fronte al grande salto verso un’Europa federale, che fa il primo passo creando un debito comune. Sul tavolo dei 27, ieri al primo giorno del Consiglio europeo che dura (almeno) ancora oggi, un pacchetto di 1800 miliardi di euro, 750 del piano di rilancio battezzato Next Generation Eu, e i 1074 del bilancio pluriannuale Ue 2021-27.

Lo scontro è sulla quantità dei soldi, sul controllo della loro destinazione, sulla ripartizione tra stati, sul rispetto delle regole, non solo di buona governance economica ma soprattutto dello stato di diritto, messo in crisi in Polonia e Ungheria. Sullo sfondo, la questione è esistenziale: «Dove vogliamo piazzare l’Unione europea sulla carta del mondo nei prossimi 10 anni?» ha chiesto Charles Michel, pensando in termini di geopolitica rispetto a Usa e Cina. Gli strumenti sono la convergenza e la resilienza per uscire dalla drammatica crisi causata dal Covid. Ci vuole«coraggio politico», ha aggiunto il presidente del Consiglio Ue, «non è questione di soldi».

IL «NEGOZIATO DIFFICILISSIMO», secondo Angela Merkel, che ha la presidenza semestrale del Consiglio, è rimasto incagliato ieri nelle richieste dei «frugali», Olanda in testa, che vogliono più prestiti e meno sussidi e che discutono anche l’entità del fondo di rilancio. C’è stato un primo tentativo di compromesso sul dilemma olandese: Mark Rutte, capofila dei «frugali» voleva un diritto di veto sui piani nazionali di rilancio.

Questi piani verranno dibattuti in Consiglio (l’Italia avrebbe preferito evitare e lasciare il compito alla più neutra Commissione), ma il voto sarà a maggioranza qualificata. C’è però sul tavolo la proposta di un «freno d’emergenza», permettere di rimettere il progetto in gioco se un paese è in profondo disaccordo su un piano di un altro paese membro. Per il primo ministro austriaco, Sebastian Kurz, gli aiuti devono servire per «riforme lungimiranti» e «non per progetti orientati al passato».

Mark Rutte dice la stessa cosa: «sì alla solidarietà, ma allo stesso tempo si può anche chiedere a questi paesi – pensa a Italia e Spagna – di fare tutto il possibile perché risolvano da soli i loro problemi la prossima volta e questo si fa con riforme del mercato del lavoro, delle pensioni ecc.».

C’È STATA UN’OFFENSIVA dei «frugali» (più la Finlandia) sull’entità del piano: la Danimarca propone un ridimensionamento, Helsinki quantifica a 100 miliardi di meno. Italia e Spagna unite insistono: la proposta della Commissione è un minimo. L’ultima proposta del presidente del Consiglio, Charles Michel, sul bilancio 2021-27 a 1074 euro, che ha tagliato 26 miliardi rispetto alla posizione della Commissione, è giudicata «assolutamente irresponsabile» dal presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, che allerta su un possibile voto contrario se ci sono tagli al budget per far passare il piano di rilancio.

I «frugali» si preoccupano del rimborso. Corre a sostenerli Manfred Weber, capogruppo Ppe al Parlamento europeo: «Invece di trasferire i debiti a figli e nipoti, abbiamo bisogno di un piano di restituzione credibile, basato su nuove fonti di reddito della Ue». Andrej Babis, della Repubblica ceca, critica la redistribuzione, «ingiusta e inefficace».

A METÀ POMERIGGIO, il Consiglio è stato sospeso, dopo due giri di tavolo, per dare tempo a incontri a gruppi o a bilaterali, prima della cena. Nell’ultimo scambio, tre temi sono stati posti al centro, a cominciare dal rispetto dello stato di diritto e le condizionalità, contestate a est, sulla sospensione dei trasferimenti del bilancio quando la deriva illiberale è eccessiva. È il «caso Orban», che riguarda in primo luogo non solo l’Ungheria, ma anche la Polonia: Budapest minaccia di porre il veto al Recovery Fund se passa questa idea.

Ma per Charles Michel, «non abbiamo intenzione di abbassare la testa o di chiudere gli occhi, lo stato di diritto è una questione-chiave per l’avvenire del progetto politico europeo». Il secondo tema sono le risorse proprie, le nuove fonti di reddito per il bilancio della Ue, che potrebbe trovare introiti da una tassa sulle plastiche mono-uso, dalla carbon tax alle frontiere, anche – è una proposta venuta dall’Europarlamento – con la resurrezione della tassa sulle transizioni finanziarie.

Il terzo tema è di nuovo quello che è al centro delle tensioni da giorni: la formula per le allocazioni dei 310 miliardi di sovvenzioni agli stati. C’è l’ipotesi di una divisione, il 70% in un primo tempo, ripartito sulla base del tasso di disoccupazione pre-Covid e il 30% per dopo, sulla base del crollo del pil post-Covid (i paesi più avvantaggiati da questa formula sarebbero Repubblica ceca, Francia, Finlandia, Italia e Olanda).

DOPO UNO SCAMBIO di regali tra Angela Merkel e Antonio Costa (è il compleanno di entrambi, la cancelliera ha ricevuto Cegueira di José Saramago, il primo ministro portoghese una carta di Goa del XVII secolo), la giornata è iniziata con un primo giro di tavolo dei 27 sull’entità del fondo di rilancio, sulla ripartizione tra prestiti e trasferimenti, su come avverrà il rimborso e sugli «sconti» ai contributi al bilancio, di cui godono alcuni contributori netti (Danimarca, Olanda, Svezia, Austria, Germania risparmiano complessivamente 6,5 miliardi).

Emmanuel Macron ha chiesto di «farla finita una volta per tutte» con questi sconti (la Francia, contributore netto, non li ha, come l’Italia). Conte, nelle ore prima del vertice, aveva minacciato di scagliarsi contro gli «sconti» se non otteneva un piano di rilancio veloce e consistente.