Il giorno dopo l’uscita del paese dai memorandum di austerità, Alexis Tsipras ha scelto Itaca, luogo evocativo, ricco di rimandi storici e simbolici, per il suo messaggio al popolo greco, e non solo: «Il memorandum dell’austerità, della desertificazione sociale e della recessione, sono finiti. Il nostro paese riconquista il diritto di determinare il suo destino e il suo futuro». Il premier ellenico ha parlato ai greci, in camicia bianca, senza cravatta, dal promontorio che sovrasta l’isola di Ulisse.

«Il percorso del nostro paese non è mai stato facile, ma ha sempre avuto una destinazione, anche nei giorni più bui», e quanto, ai memorandum, iniziati nel 2010, Tsipras li ha definiti «l’Odissea contemporanea della Grecia», visto che «sono successe cose mai viste prima, per un paese che è in stato di pace».

Ha ricordato che è andato in fumo il 25% del Pil, tre greci su dieci sono rimasti senza lavoro, e sono state attuate misure di austerità, per un totale complessivo di 65 miliardi di euro.

E con chiaro riferimento al periodo sino al 2015, in cui hanno governato il centrodestra con i socialisti, il leader di Syriza non ha mancato di sottolineare che «la violenza e la repressione sono diventati parte della quotidianità» e «la democrazia è stata umiliata, con banchieri che sono diventati ministri, e ministri banchieri». Il riferimento, è Jannis Stournàras, attuale Governatore della Banca di Grecia, ma ex ministro delle finanze nel governo del centrodestra insieme ai socialisti.

Il premier ellenico ha voluto ribadire che l’unica certezza del suo governo, è stata che si dovesse fare di tutto per far uscire il paese dalle strettoie dei memorandum e dell’austerità senza fine. E con un messaggio che potrebbe avere, tra i destinatari, anche Janis Varoufakis, Tsipras ha dichiarato che «l’equipaggio è cambiato», poiché «alcuni hanno avuto paura delle onde, mentre altri le hanno domate».

Ora, Atene manda il messaggio che malgrado molti abbiano ripetuto che non aveva senso resistere e opporsi ai Ciclopi e ai Lestrigoni, l’obbiettivo di lasciarsi alle spalle i memorandum, i mnimònia, è stato raggiunto.

Anche per questo, il leader di Syriza parla di «giornata di liberazione», ma anche di monito per il futuro. Per non dimenticare cosa ha condotto all’incubo degli otto anni appena passati: l’evasione fiscale dei grandi capitali, la corruzione e gli intrecci di interessi, l’atteggiamento di potenti gruppi imprenditoriali ed editoriali «che per molti anni pensavano di essere i padroni del paese», ed il cinismo di una classe politica, «che ha trattato la Grecia come un feudo».

Tsipras, infine, ha ringraziato quanti, in Europa, si sono opposti all’uscita ed alla punizione della Grecia, «perché sanno che la Grecia, per l’Europa, significa molto più di semplici numeri e dati economici».

La Grecia e il suo governo, sa che le sfide non sono finite, perché, come ha dichiarato il presidente di Syriza proseguendo nei suoi riferimenti mitologici, «i proci contemporanei sono qui e si trovano dinnanzi e noi». Per esempio chi continua ad avere società off shore e conti all’estero, e a pensare di essere al di sopra di ogni legge e regola.
La sfida, per Alexis Tsipras, è riuscire, d’ora in poi, a costruire una nuova Grecia «con senso di responsabilità, per non tornare mai indietro, alla Grecia dei deficit e del fallimento, ma anche con audacia, per la rinascita del paese, che sia basata sull’eguaglianza, la democrazia e la giustizia sociale».

Il centrodestra di Nuova Democrazia rimane scettico, non crede all’uscita del paese dai memorandum. Secondo il suo segretario, Kyriàkos Mitsotàkis, «il simbolismo di Itaca è fasullo», perché in realtà, sta iniziando «un quarto memorandum ufficioso, con continue riduzioni delle pensioni e perenne austerità». Ed anche dalla maggioranza dei socialisti, le reazioni non sono positive.

Ma Tsipras già si prepara per i prossimi due appuntamenti: il rimpasto di governo, a breve, e subito dopo la presentazione del programma per i prossimi 12 mesi, che dovrà essere incentrato sul calo della pressione fiscale e il sostegno di chi è rimasto al margine ed è stato umiliato dai memorandum.