Le immagini girate nella penombra del tramonto in un video diffuso ieri dal sito di Repubblica mostrano gli uomini della Guardia costiera libica quasi incuranti delle pallottole sparate da un barcone che si dice essere di trafficanti di esseri umani. L’intrepida impresa viene documentata si pensa dagli stessi protagonisti, senza ulteriori riscontri dell’operazione anti tratta, proprio nel giorno in cui il ministro dell’Interno Marco Minniti tesse le lodi in Parlamento degli stessi guardiacoste libici, insistendo sulla volontà di affidare loro un ruolo maggiore nei soccorsi e nel contrasto delle partenze di imbarcazioni colme di migranti.

Annuncia che nei prossimi mesi verrà costruito a Tripoli il Centro di coordinamento marittimo, «decisivo per affrontare lì il tema del controllo dei flussi migratori» e anche una riunione, sempre da tenersi a Tripoli «nei prossimi giorni», di non meglio identificati «sindaci» libici per dare finanziamenti in grado di distogliere i giovani da attività criminali.

Sarà contento, in cuor suo visto che ha evitato di dirlo, il ministro, che alla fine ieri dopo una battaglia tra milizie contrapposte tutta durata tutta la notte e buona parte della mattinata, e costata la vita a quattro soldati, l’aeroporto internazionale di Tripoli sia stato almeno temporaneamente di nuovo pacificato. Il generale Haftar ha annunciato di aver bonificato Bengasi e di aver sigillato le frontiere con l’Egitto, in verità suo alleato.

Nel frattempo le brigate di Misurata fedeli al governo del premier Serraj, sostenuto dall’Italia, combattono contro le truppe di Haftar poco fuori Sirte. A Sebha, città nel cuore del Fezzan dove due giorni fa il ministro dell’Istruzione di Serraj è stato catturato e rilasciato, e dove lo stesso Minniti era sicuro di aver siglato un accordo di pace tra le tribù Tebu e gli arabi Awlad Suleiman alleati dei Tuareg non più tardi del marzo scorso, sono dovuti arrivare i rinforzi di armi pesanti e mezzi blindati da Tripoli.

A smentire poi sul piano del diritto e dell’opportunità politica le lodi di Minniti e gli intenti del ministro degli Esteri Angelino Alfano, che intervistato dal Financial Times insiste sugli aiuti italiani alla Libia «per rafforzare la capacità di controllo delle sue frontiere», c’è ora anche una relazione dell’ong Human Right Watch.

La direttrice per l’Europa e l’Asia centrale Judith Sunderland scrive che «le frammentate forze della Guardia costiera libica non hanno la capacità di eseguire in modo sicuro gli obblighi di ricerca e soccorso» e le navi europee «non sono tenute a cedere loro il passo né in acque internazionali né in quelle libiche di fronte a un rischio di morte imminente» dei naufraghi. Sconsiglia l’Italia di seguire questa strada, così come le detenzioni di migranti in Libia, «dove gravi abusi sono ben documentati».

Nelle denunce di Msf alla Corte dell’Aja si parla non solo di spari dei guardiacoste ai gommoni e alle navi delle ong, ma anche di naufraghi depredati di telefonini e portafogli fin sui barconi.