L’Italia si conferma come un paese con sempre meno motivi di attrazione per gli immigrati, che alla penisola dimostrano di preferire di gran lunga la Germania e la Gran Bretagna. La conferma a una tendenza avviata ormai da anni è arrivata ieri dal report sull’immigrazione presentato dall’Ocse che ha registrato una flessione degli ingressi del 40% rispetto al 2007. Si parla di persone che arrivano in maniera regolare (per lavoro autonomo o subordinato oppure per un ricongiungimento familiare), e che sono passate negli ultimi cinque anni dai 572 mila del 2007 a 258.000 del 2012. Tendenza che, stando ai dati del Viminale, sembra confermarsi maggiormente nel 2013, anno in cui gli ingressi regolari sono stati 127.000, la maggior parte dei quali per motivi familiari.
Anche se in modo diverso, la diminuzione degli ingressi riguarda tutti i paesi della zona Ocse, a dimostrazione di come la crisi economica si sia fatta sentire anche nella scelta degli immigrati per quanto riguarda il paese in cui recarsi.
Unico, lievissimo segno in controtendenza, si è registrato nel 2013, quando una leggera attenuazione della crisi è stata accompagnata da un altrettanto leggero aumento dei flussi (+1,1% per un totale di 3,8 milioni di persone nell’intera area Ocse, che però diventa un -15% se si fa il confronto tra i 2007 e il 2012).
A dispetto della propaganda di alcune forze di destra, sempre pronte a cavalcare lo spauracchio di un’inesistente invasione, l’Italia non è più uno dei punti di arrivo prescelto dai migranti, tanto da essere passata dal terzo al quinto posto nella classifica Ocse dei paesi a maggiore immigrazione.
Prima di noi, e molto distanti da noi, ci sono infatti Stati uniti, con più di un milione di ingressi l’anno; Germania, con oltre 400.000 ingressi (+38% tra il 2012 e il 2013 e addirittura +72% tra il 2007 e i 2012); Gran Bretagna (286.000) e Francia (259.000).
Proprio la Gran Bretagna in queste settimane è al centro di un acceso dibattito proprio sul tema dell’immigrazione.
Nel paese solo il 7% degli immigrati che vi risiedono sono entrati grazie alle norme sulla libera circolazione delle persone in Europa ma questo non ha impedito al premier Cameron di minacciare l’uscita del paese dall’Unione europea se gli altri Stati membri non accetteranno limitazioni a quello che resta pur sempre uno dei principi fondamentali dell’Ue. Le motivazioni di una simile scelta sono esclusivamente politiche. Per il prossimo anno in Gran Bretagna sono infatti previste le elezioni e il premier è fortemente preoccupato per i sondaggi che danno l’Ukip, il partito guidato dal populista di destra Nigel Farage, in costante crescita proprio grazie alla forte propaganda antieuropeista e contro gli stranieri, non solo extracomunitari. Nel paese gli immigrati rappresentano il 7,9% della popolazione pari a circa 4,9 milioni di persone, il 3,2% in più rispetto al 2012.
È bene chiarire che non si sta parlando di profughi, per i quali i numeri sono molto differenti, bensì di persone che emigrano per motivi economici. Esattamente come accade ormai a molti italiani, come sottolinea sempre l’Ocse, che nel rapporto evidenzia come ben 100.000 nostri connazionali nel 2012 si siano recati all’estero alla ricerca di un lavoro. Trend in continuo aumento e che, scrive sempre l’Ocse, è cresciuto anche nel 2013.
Numeri, questi ultimi, che non impediscono anche da noi i toni sopra le righe. Come quelli usati ieri dal premier Renzi e dal ministro degli Interni Alfano nei confronti non di chi viene da noi in cerca di lavoro ma dei profughi in cerca di salvezza dalle guerre: «L’accoglienza indiscriminata sembra favorire l’emergere di fenomeni di xenofobia e razzismo – ha detto Renzi -. Per questo servono regole chiare, ma bisogna ricordare all’Europa che il Mediterraneo non può essere lasciato solo all’Italia o a Malta».