Alla fine il Psoe di Pedro Sánchez ha fatto orecchie da mercante e ha ignorato tutti i suggerimenti che venivano da sinistra, da Unidos-Podemos e dalla sindaca Ada Colau. Si è comportato come se non avesse neanche letto il manifesto di Zaragoza.

Ha ignorato quel nuovo modo di fare politica, importato dal movimento del 15M, basato sull’inclusione della cittadinanza. O forse l’ha letto e non l’ha voluto capire, per scegliere di schierarsi con Rajoy e il Pp e con Rivera e Ciudadanos, in perfetta intesa con la destra. «Noi vogliamo parlare di come la Catalogna possa rimanere in Spagna, non di come se ne potrebbe andare» ha twittato il segretario socialista. E ha aggiunto «da sinistra possiamo dare una buona battaglia per quello che vogliamo sia la Spagna».

Da sinistra? C’è qualcosa che non torna. Soprattutto per chi aveva inutilmente sperato in un Psoe alleato con Unidos-Podemos per definire finalmente un progetto di alternativa alle destre e alla loro disastrosa gestione del paese. Invece i socialisti spagnoli sono tornati al punto di partenza e sono di nuovo precipitati nelle larghe intese, proprio come hanno sempre auspicato i dinosauri del partito. Ancora una volta in Europa, un partito membro del Partito Socialista Europeo spalleggia le destre e favorisce una soluzione reazionaria a una crisi come quella catalana. Appoggiando chi pensa di combattere il nazionalismo catalano con un maggiore nazionalismo spagnolo, come ha detto Garzon, segretario di Izquierda-Unida. Cosa abbia spinto il Psoe a compiere questa scelta, quali vantaggi pensi di trarne, è un mistero. Eppure avrebbe dovuto far riflettere il linguaggio prepotente, quasi insultante, con cui Rajoy a nome del governo, ha annunciato di voler ricorrere all’articolo 155, che in poche parole vuol dire esautorare le autorità legittimamente elette in Catalogna. Qualche dubbio avrebbe dovuto farlo venire la voglia di contrasto e chiusura ad ogni dialogo emersi con chiarezza dai discorsi del capo del governo. Quei richiami continui delle destre alla mobilitazione nazionalista per l’unità della Spagna e la tolleranza manifestata verso i fascisti che aggrediscono chi rivendica il dialogo e la Spagna plurinazionale. O il disprezzo delle destre di governo per chi, nonostante la repressione, è andato comunque a votare al referendum punta solo ad alimentare la frattura sociale che si è prodotta. È chiaro l’intento di spostare l’attenzione sulla crisi territoriale, focalizzando il dibattito solo su indipendenza contro unità di Spagna.

Così, da più di un mese, non si parla di problemi sociali e ambientali, né del peggioramento delle condizioni di vita materiale della gente, malgrado la decantata crescita, non un accenno al contenuto della prossima manovra economica da approvare al Congresso. Sono spariti da giornali e televisioni i tanti processi in cui il Pp è coinvolto e si è soffocata sul nascere, dopo la vittoria di Sánchez nel Psoe, una possibile unità a sinistra per sfiduciare il governo di Rajoy. Più a fondo si guarda e più spariscono i possibili vantaggi dei socialisti per questo patto politico con il Pp e Ciudadanos. Mentre emerge l’isolamento che produce per Unidos-Podemos e chiude, per un lungo periodo, le possibilità di alternativa di sinistra in Spagna. Il Psoe si è sottratto all’impegno di dare una maggioranza alla proposta di Zaragoza, l’unica in grado di spostare il dibattito dal falso problema indipendenza o unità della Spagna per ricondurlo al nodo vero e cioè la crisi del patto costituzionale del ’78. Ha dimenticato che il patriottismo non è allearsi con chi riscatta le banche, ma determinare le condizioni per una Spagna sociale e dei diritti. Non si intravedono contropartite credibili. Sánchez ha riferito che in sei mesi si avvieranno i lavori della commissione parlamentare per la riforma della costituzione, ma suona come una presa in giro. Ci vuole molta fantasia per illudersi che da quella commissione prenderà corpo una proposta capace di riformare il patto del ’78, avviando quella Spagna paese di paesi, che chiude la fase di subalternità all’Europa liberista e rilancia le prestazioni fondamentali dello stato sociale e allarga i diritti della cittadinanza, cominciando da quello di una comunità di poter votare e determinare il proprio destino.

Ogni buona intenzione sarà travolta da chi pensa sia possibile riformare la costituzione schierando reparti antisommossa per presidiare il parlamento catalano esautorato dal governo. Ogni calcolo elettorale che spacci tutto questo per senso dello stato è un calcolo errato, che favorisce le destre. Un’altra maniera di intendere il patriottismo sarebbe stato un referendum concordato. Che non sarà oggi, ma domani, o tra un anno o tra cinque, però prima o poi si terrà.