Locarno 75, che nelle dichiarazioni di intenti della direzione (di Giona A. Nazzaro) viene definito una sorta di «Anno Uno» rivolto al futuro, un’edizione cioè di vera ripartenza dopo quella dello scorso anno ancora condizionata – per incroci di calendario e per restrizioni legate ai contagi – dalla pandemia. L’obiettivo – guardando i nomi noti e quelli meno conosciuti disseminati tra le varie sezioni dal concorso al fuori concorso ai Cineasti del presente – sembra quello di riaffermare (e di riposizionare) il ruolo del festival come riferimento per un cinema mondiale d’autore indipendente, lasciando ampio spazio agli esordi senza però sottovalutare la necessità di nomi «importanti» – nella competizione figura il nuovo film di Sokurov , Fairytale, una sorta di dialogo (impossibile tra i dittatori – Mussolini compreso – del ’900.

L’ITALIA, oltre al già annunciato Delta di Michele Vannucci nel programma della Piazza Grande – all’interno del quale ha un bel rilievo anche la retrospettiva di Douglas Sirk, con la proiezione di Imitation of life (1958) – è presente con due titoli, entrambi nel concorso principale, il che è un buon risultato considerando la prossimità con la Mostra di Venezia e soprattutto che per il cinema italiano anche un «sottoscala» al Lido è preferibile a qualsiasi altra proposta altrove. Ecco dunque Il pataffio di Francesco Lagi (dal libro di Luigi Malerba), una commedia in un immaginario medioevo che si fa – come leggiamo sul press kit del film « sulla libertà, la fame, il sesso e il potere» – nel cast ci sono Lino Musella e Giorgio Tirabassi. E il nuovo film di Alessandro Comodin (che nel 2011 vinse il concorso dei Cineasti del presente con L’estate di Giacomo), Gigi la legge, ritratto di un poliziotto in campagna il cui quotidiano viene all’improvviso sconvolto, e di una provincia reale e immaginata.
Sempre nel concorso internazionale, Bowling Saturne di Patricia Mazuy, un thriller (il «genere» da qualche anno incanta i programmatori festivalieri) della regista francese tra le protagoniste di quel nuovo cinema in Francia apparso negli anni Novanta. Da oltralpe arriva anche Stella est amoureuse di Sylvie Verheyde, seguito del suo precedente Stella (2008), segue le vicende e gli amori della protagonista ormai cresciuta.
Abbas Fahdel, regista iracheno rivelato da Iraq, Years Zero (2015) corre per il Pardo d’oro con Tales of the Purple House, tra il diario personale e famigliare e l’invenzione, mentre Geyhalter nel suo nuovo «film-mondo» Matter out of Place, racconta il problema dei rifiuti sul nostro pianeta dando voce a chi si sforza di affrontarlo.
Fuori concorso c’è Nuit obscure-feuillets sauvages (les brûlants, les obstinés) ritorno dopo diversi anni del regista francese Sylvain George, autore indipendente e di continue invenzioni formali, che qui si confronta nuovamente con la narrazione dei migranti nell’Europa di oggi. Nella stessa sezione c’è il film di Joao Pedro Rodrigues e Joao Rui Guerra de Mata, Where Is This Street? Or With No Before or After, un omaggio eccentrico al grande protagonista del Cinema novo portoghese, Paulo Rocha, e a quel suo film I verdi anni (1963) che ne è considerato un’opera chiave, a partire dall’appartamento in cui è stato girato che rimanda alla storia famigliare di Rodrigues.
Nei Pardi di domani, Paradiso XXXI, 108, una nuova variazione sulla rappresentazione della Palestina a partire dagli archivi di Kamal Aljafari, e Chant pour la ville enfouie di Nicolas di Klotz e Elisabeth Perceval.