Un luogo chiuso, la tempesta di neve tutto intorno «come un mostro» pronto ad aggredire i personaggi appena mettono piede fuori, otto assassini che devono dubitare delle reciproche identità. Il parallelo tra The Hateful Eight di Quentin Tarantino e La cosa di John Carpenter è evidente, complice anche uno dei protagonisti, Kurt Russell, e la colonna sonora di Ennio Morricone.«Quello che ho scritto per Quentin è molto diverso dalla musica che avevo scritto per Carpenter», dice il compositore alla conferenza stampa romana di presentazione del film, dove si trova in compagnia di Tarantino, Russell e Michael Madsen. Si indispettisce Morricone a sentir parlare di paralleli tra i suoi lavori per i due film: «Forse non ha ascoltato bene».

Se è vero infatti che The Hateful Eight fa uso di alcuni brani realizzati per l’horror del 1982, si tratta però di musica «che Carpenter alla fine non ha inserito nel film» – benché sia presente nella colonna sonora completa della Cosa uscita in commercio.
Nelle musiche scritte appositamente per Tarantino, puntualizza il compositore, «c’è per la prima volta una caratterizzazione basata sul timbro degli strumenti». Nella prima sequenza, ad esempio, «i fagotti creano un’atmosfera drammatica che poi si trasforma in ironia». Sarà poi Tarantino stesso a parlare del «legame genetico» tra il suo ultimo film e quello di Carpenter: «Penso a The Hateful Eight come a Le iene in chiave western, mentre Le iene è a sua volta ispirato a La cosa».

Ambientato nel Wyoming immediatamente post guerra civile il film riproduce anche la spaccatura tra unionisti e confederati, che i vincitori chiamano sprezzantemente «bifolchi ribelli», mentre questi ultimi condensano nel dispregiativo «nigger» tanto il loro odio razziale quanto l’astio per le nuove regole dettate dagli yankee. «Questo però non è un film politico come Bastardi senza gloria o Django Unchained – precisa Tarantino – anche se durante le riprese in America sono successe tante cose, di cui sul set discutevamo. Così si è creata una corrispondenza tra la realtà attuale e il film, che riproduce la stessa divisione che c’è oggi tra Stati e democratici e repubblicani».

Più che assumere una posizione politica, dunque, il film «cattura lo Zeitgeist» degli Stati Uniti odierni. In merito alla polemica sugli Oscar «so white», invece, il regista di Pulp Fiction non ha dubbi: «Mi dispiace che Samuel Jackson non sia stato candidato. Ma se il mio film fosse in lizza avrei partecipato senz’altro».