Rating di popolarità ai massimi livelli per Vladimir Putin, a dispetto o forse proprio in virtù delle sanzioni occidentali: «Qualche danno lo faranno; ma siamo pronti a stringere la cinghia e, quel che più conta, con quelle dimostrano di aver paura di noi» mi ha detto al telefono Igor, pensionato e intellettuale a vita.

Quindi, «standing ovation per Putin!!!» come esordiva pochi giorni fa su facebook il solista del gruppo pop “Faktor 2” Vladimir Pancenko per il corso seguito dal presidente russo nella questione ucraina. «Applaudo in piedi! Lei è veramente un grandissimo politico Vladimir Vladimirovic!».

A fine luglio, poi, alcuni giornalisti siberiani avevano chiesto il sostegno del Fronte popolare panrusso (di cui è leader lo stesso Putin) e si erano rivolti ai presidenti di Duma e Consiglio federale per l’attribuzione del titolo di Eroe della Russia. A Sakhalin pensano di attribuirgli il titolo di “Generalissimo del popolo”. Il titolo di “Eroe della Russia” viene attribuito per il compimento di un atto eroico. Il merito di Vladimir Vladimirovic, secondo gli estensori dell’iniziativa, è di aver firmato «la legge federale sull’ingresso della Repubblica indipendente di Crimea e della città di Sebastopoli nella Federazione russa; aver mostrato tenacia e fermezza nella difesa degli interessi del nostro Stato nel mondo…».

«La difesa degli interessi del nostro Stato nel mondo…», appunto: un rapidissimo sondaggio tra amici moscoviti indica un certo qual mutamento nell’atteggiamento del russo medio. A tutto vantaggio del presidente e «con una tale compattezza di consensi come non si vedeva da tempo» dice Svetlana, 47 anni, casalinga; «certo che rubano; ma “bez etogo vidimo nelzja” (Forse non c’è alternativa). E però il nome della Russia torna a essere rispettato».

Nostalgia per i tempi dell’Unione sovietica? Forse, in qualcuno. Ma, a parte flebili rimpianti – per istruzione gratuita e di alto livello, assistenza sociale generalizzata, lavoro garantito, eccetera – si tratta forse di un ritrovato senso di appartenenza a una (ancora in parte) forte e temuta potenza, con cui gli americani devono nuovamente venire a patti.

Certo, anche tra i cittadini comuni, le sanzioni occidentali, se ai tempi dell’Urss lasciavano nell’opinione pubblica il tempo che trovavano, oggi qualche timore lo sollevano. Un po’ in tutti si avverte che, come afferma il politologo Anatolij Lukjanov in un’intervista a Lenta.ru «L’Urss era inserita solo in piccolissima misura nei rapporti di interdipendenza con gli avversari. In generale, non faceva conto su di una particolare cooperazione economica. La Russia invece si “sviluppa” in una economia globale».

Ma, al di là di tutto, sembra che sia proprio il puro orgoglio nazionale ad agire. Non si tratta di fare muro di fronte alla superpotenza Usa che esporta affari e guerre nel mondo, contrapponendole un argine e un orizzonte “socialista”, seppure nelle sue derive khrusce-brezhneviane. Già trent’anni fa, l’uomo della strada guardava con insofferenza agli “aiuti fraterni” che l’Urss dispensava qua e là: «tutte risorse in meno per noi cittadini sovietici» si diceva.

No, oggi che la Russia è “sola” e non più la prima delle Repubbliche sovietiche, i russi vedono nel presidente l’insegna della propria “resurrezione”, dopo anni di indecorosa sopravvivenza, spesi a ricercare una certa ricchezza interna: sforzo che non permetteva concessioni al lusso di affacciarsi da grandi sulla scena mondiale. In quegli anni, in cui privatizzazioni selvagge e lotte armate per il controllo su grossi gruppi industriali determinavano la caduta o l’ascesa di smisurate ricchezze, l’uomo della strada guardava al potere pressappoco come si può guardare alla cupola vincente. «Rubavano o erano riusciti a rubare più degli altri; si erano assicurati più appoggi politici degli altri e, quindi, erano al comando: tutti ladri» dice Ijulja, 53 anni, direttrice di un negozio di elettrodomestici «Punto e basta; su quegli anni non c’è da aggiungere altro».

Un commento, quest’ultimo, fino a poco tempo fa un po’ sulla bocca di tutti, mentre sullo stomaco rimaneva il peso di dover apparire, nel mondo, né più né meno come un Paese che cercava ancora la propria via di sviluppo. Oggi, la prospettiva sembra quasi rovesciata.

Qualcosa in merito lo dicono anche poche nude cifre (dal sito web del “Centro Levada”) con indici sintetici dal 2000 a oggi. L’indice sulla valutazione della situazione del Paese – differenza tra risposte positive e negative alla domanda se “si muova in una giusta direzione” – mostra che da un meno 74 del 1999 (si va nella direzione giusta = 6; si va in un vicolo cieco = 80) si è passati al più 20 (51 contro 31) del 2010, al più 47 (66 contro 19) di questi giorni. E tutto fa supporre che la “giusta direzione” sia quella tracciata dal presidente, dato che, per quanto riguarda Putin, (“approvo o meno la sua attività”) si va da un 80 a 19 (indice più 61) del 2010, a un 86 a 13 (indice più 73) di un mese fa, fino all’attuale 87% di consensi, con gli scontenti scesi dal 34% di sette mesi fa all’odierno 13%.

«Ci incolpano di voler la guerra con l’Ucraina? Non siamo in guerra, ma certamente non ce ne infischiamo dei russi che vivono là», mi ha detto Natalja, 52 anni, ex insegnante in pensione, «Gli ucraini? In un certo senso sono un paradosso: si rifugiano volentieri dai parenti in Russia, se ce li hanno, però accusano di tutti i loro mali Putin».

Insomma: se fino a pochissimi anni fa si mettevano al primo posto le lagnanze per l’arricchimento disonesto di magnati e burocrati, oggi le alte cariche del potere rappresentano in primo luogo l’emblema del recuperato prestigio mondiale. E il campione assoluto è lui: Vladimir Vladimirovic Putin. «Certo che si sono arricchiti stando al potere, ma non è così dappertutto nel mondo? D’altronde, forse è il prezzo da pagare per godere di una situazione impensabile fino a poco tempo fa» dice entusiasta Viktor, 48 anni, broker; «Grazie Vladimir Vladimirovic! Si sa che in alto, per ogni milione speso nei lavori pubblici, un altro ne è finito nelle tasche di chi ha approvato la commessa. Ma, forse, questa è l’unica strada per muovere le cose».

E, così, non meravigliano i dati, diffusi dal Centro per lo studio dell’opinione pubblica, secondo cui il consenso per Putin è all’88% e «L’indice di soddisfazione per la vita ha raggiunto in giugno il massimo storico di 79 punti». Anche se nell’ultimo anno è cresciuto dal 10 al 23% il timore di una possibile guerra con Paesi vicini, continua a essere ferma da otto anni al 13% la paura di una minaccia bellica dall’Occidente.

«Sì, anch’io ho cambiato opinione sul presidente: è ricco e se la fa coi ricchi. Ma la sua linea estera mi ha convinta e sono molto soddisfatta» conclude Irina, 45 anni, «pronta a riprendermi l’Urss, con tutto quel che era e appariva … purché mi permettesse di continuare a star bene come ora». Che sia questo il cocktail segreto con cui Vladimir Vladimirovic ammalia i russi?