Lo Yemen paga la guerra dei Saud all’Iran
Medio Oriente Teheran denuncia un attacco missilistico saudita contro la propria ambasciata nel paese. Ieri decine di raid contro la capitale Sana'a: Riyadh, isolata sulla Siria e in crisi economica, mostra una pericolosa intransigenza contro l'asse sciita
Medio Oriente Teheran denuncia un attacco missilistico saudita contro la propria ambasciata nel paese. Ieri decine di raid contro la capitale Sana'a: Riyadh, isolata sulla Siria e in crisi economica, mostra una pericolosa intransigenza contro l'asse sciita
Era solo questione di tempo prima che il paese più martoriato del Golfo entrasse nel conflitto a distanza tra Iran e Arabia Saudita. Da giorni lo Yemen vive una recrudescenza dell’operazione militare guidata da Riyadh. L’ultima settimana è stata tra le più violente: i raid contro Taiz e la capitale Sana’a si sono moltiplicati, fino a colpire un obiettivo più succoso delle postazioni dei ribelli Houthi. L’ambasciata iraniana.
Ieri Teheran ha pubblicamente accusato l’avversario di aver centrato la sede della propria ambasciata a Sana’a. Tante e diverse le versioni: secondo alcuni testimoni l’edificio non è stato colpito, secondo un reporter dell’Ap non ha riportato danni, secondo l’aviazione saudita i target erano dei lanciamissili Houthi. Secondo gli iraniani, infine, l’ambasciata non ha riportato danni gravi né provocato vittime ma ha ferito alcune guardie: «Questo deliberato attacco viola tutte le convenzioni e i regolamenti del diritto internazionale sulla protezione delle sedi diplomatiche», ha detto il Ministero degli Esteri.
Il vice ministro ha aggiunto che un rapporto dettagliato sarà consegnato alle Nazioni Unite. La coalizione a guida saudita ha risposto promettendo di investigare, ma definendo «non credibili» le informazioni fornite in merito dagli Houthi. La tensione è alle stelle, sempre ad un passo dallo scontro fisico ma ancora gestito attraverso screzi diplomatici: alla sospensione delle relazioni diplomatiche da parte di Arabia saudita e mezzo Golfo, l’Iran ha reagito ieri con il boicottaggio commerciale. Tutti i beni prodotti in Arabia saudita saranno banditi dal territorio iraniano.
Sulla famiglia Saud si abbatte anche la condanna di Amnesty International che riaccende i riflettori nel primo anniversario dal primo round di frustate comminate al blogger Badawi: «Nel 2015 la situazione dei diritti umani in Arabia saudita è andata di male in peggio – spiega l’organizzazione – L’Arabia saudita ha portato avanti una costante repressione contro gli attivisti per i diritti umani e diretto una devastante campagna di bombardamenti aerei in Yemen», coperta da «i governi di Washington e Londra che hanno fornito assistenza logistica e di intelligence».
E in mezzo ai due fuochi resta lo Yemen. La popolazione è allo stremo, fiaccata dalla strategia di devastazione messa in piedi dalla coalizione a guida saudita che non colpisce solo gli Houthi, ma anche e soprattutto i civili: martedì si è registrata l’ennesima violazione con il bombardamento del centro per bambini ciechi “Noor” a Sana’a, fortunatamente senza vittime.
Ieri la capitale è stata colpita da decine di raid, il più violento bombardamento – secondo i residenti – dall’inizio dell’operazione “Tempesta decisiva”. L’Arabia saudita non riesce a sfondare il fronte della resistenza Houthi, nonostante le piccole vittorie riportate: ieri le truppe governative del presidente Hadi, alleato saudita, hanno occupato il porto di Midi, lungo la costa nord ovest del Mar Rosso, a poca distanza dalla frontiera con l’Arabia saudita. I ribelli, che lo usavano per trasportare armi da e verso il nord, sono stati costretti alla resa.
Gli Houthi non arretrano
Nonostante la perdita, gli Houthi mantengono il controllo di buona parte della costa e del corridoio di territorio che da Sana’a scende verso Taiz, al centro, e prosegue fino alle porte della città meridionale di Aden, persa la scorsa estate. Riyadh non riesce a vincere una guerra che pareva uno scherzo, uno smacco che – accompagnato all’arretramento sul campo siriano e alla crisi economica – la spinge ad assumere posizioni sempre più intransigenti verso il più efficace asse sciita.
«Il governo Hadi insiste nell’applicazione della risoluzione 2216, che rappresenta la totale sconfitta della coppia Houthi-Saleh – spiega al manifesto Maysaa Shuja al-Deen, analista yemenita per al-Monitor – Ma questa sconfitta sul campo non c’è: il paese è diviso in due, con il sud sotto il controllo del governo e il nord sotto quello Houthi. Sul piano diplomatico gli Houthi insistono a negoziare direttamente e pubblicamente con l’Arabia saudita, considerandola il vero avversario, ma Riyadh rifiuta temendo di riconoscergli legittimità».
«I sauditi si sono imbarcati in questa guerra senza una visione politica e militare e ora sono bloccati. Il timore è che lo Yemen si tramuti in una nuova Palestina, divisa in enclavi, ognuna controllata da un diverso potere. La frammentazione continuerà su base settaria, tribale e regionale e potrebbe incanalarsi verso uno Stato federale debole, con un governo centrale senza autorità. Piccoli staterelli che saranno mangiati dai poteri regionali».
Siria: aiuti a Madaya
Ieri il governo di Damasco ha autorizzato le Nazioni Unite ad entrare e consegnare aiuti umanitari alla città assediata di Madaya, vicino Zabadani, al confine con il Libano. Aiuti fondamentali alla sopravvivenza dei 40mila civili residenti, senza assistenza da ottobre: si sono raggiunti livelli drammatici di denutrizione, sarebbero 10 i casi di morte per fame. Gli aiuti, dice l’Onu, saranno inviati anche ai villaggi sciiti di Fuaa e Kafraya, circondati da milizie anti-Assad. Le tre comunità sono parte di un cessate il fuoco locale di sei mesi, siglato a settembre, tra governo e opposizioni.
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