Alexey Gusev è docente di storia russa e sovietica presso l’università Lomonosov di Mosce e collabora con «l’Istituto di ricerca globale» della capitale russa. In occasione del ballottaggio ucraino gli abbiamo rivolgerto alcune domande.

Professor Gusev, come è stato recepito dal potere russo e dai suoi mass-media il successo di Vladimir Zelensky?
Il Cremlino aveva da tempo messo in chiaro che gli sarebbe stato bene qualsiasi candidato ai vertici dello Stato ucraino meno che l’attuale presidente Petro Poroshenko. L’incomunicabilità e la reciproca mancanza di empatia tra lui e Vladimir Putin, aveva reso evidentemente in questi anni ancora più complesso un già difficile dialogo tra i due Stati. E quindi ha salutato positivamente l’apparire nel firmamento di Kiev della stella di Zelensky. Malgrado tutto, almeno a parole, lo show-man promette di avere un confronto duro con il presidente russo ma di volerlo. Inoltre ha promesso rispetto per le popolazioni ucraine russofone e che farà entrare il paese nell’Alleanza Atlantica e nella Ue solo in seguito a un referendum popolare. Tutta musica per i nostri governanti. Per quanto riguarda i mass-media hanno puntato i loro riflettori sul caos che permarrebbe in Ucraina. Alla vigilia del primo turno avevano paventato brogli giganteschi a favore di Poroshenko. Quando poi i brogli ci sono stati ma solo in misura limitata, hanno iniziato a ironizzare sul fatto che la classe dirigente ucraina fosse così modesta dal dover ricorrere al carisma di un personaggio televisivo.

Secondo lei le aperture al dialogo di Zelensky, potranno condurre ad una soluzione del conflitto nel Donbass?
Zelensky ha parlato di trattativa con Putin. Ha parlato anche di coinvolgimento degli Stati uniti nel Formato Normandia (il gruppo di contatto a cui partecipano Russia, Ucraina, Francia e Germania che dovrebbe implementare gli accordi di pace di Minsk n.d.r.). Si tratta di una proposta che piace al Cremlino che da tempo la sostiene. Il problema è che dietro la propaganda in difesa del popolo ucraino gli americani potrebbero avere poca voglia di farsi coinvolgere in una trattativa diretta. In primo luogo perché nell’entourage di Donald Trump continuano a soffiare ricorrentemente i venti dell’isolazionismo e anche perché gli Usa preferisco avere le mani libere per poter poi imporre i propri veti. Del resto alla fine il loro stesso aiuto militare al governo di Kiev è stato limitato e condizionato. Per tornare a Zelensky bisogna far notare che dietro l’apparente disponibilità al dialogo si nasconde ancora l’intransigenza che ha segnato l’amministrazione Poroshenko. Zelensky parla ancora di intangibilità territoriale ucraina e quindi di una piena reintegrazione nei propri confini non solo delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk ma anche della Crimea, mentre è noto che Putin considera la questione della penisola una “questione chiusa”. Dunque se trattativa ci sarà, sarà lunga e tormentata. Potrebbe essere anche che Zelensky abbia agitato il tema della pace in Donbass solo in chiave elettorale, annunciando quel «riportiamo nelle nostre case i nostri ragazzi» che fa tanto pacifismo Vietnam-style e piace ovviamente al popolo ucraino, ma che poi non consideri veramente praticabile un compromesso.

La storia dell’Ucraina e della Russia ci parla di due popoli assai affini che per molto tempo di sono considerati persino “fratelli”. Ritiene che esistano le condizioni nel futuro per un loro riavvicinamento nel futuro?
Penso che tra ucraini e russi non esistano grandi attriti. Milioni di migranti ucraini vivono e lavorano in Russia e non si sente mai parlare di casi di razzismo o di persecuzioni. Esiste un fortissimo legame tra i due popoli che affonda ancor prima dell’era sovietica. Durante l’epoca sovietica i rapporti tra Kiev e Mosca furono spesso segnati da vicende tragiche basti pensare al massacro e genocidio di milioni di contadini da parte del potere staliniano negli anni ’30. E ci furono anche ricorrenti atteggiamenti colonialisti in chiave “grande russa” da parte del potere sovietico. Eppure gran parte del popolo ucraino non vide mai il russo in quanto tale, come un nemico. Esistono relazioni molto strette tra i due popoli, cementate dalla convivenza per decenni nello stesso Stato che hanno portato alla formazione di tante famiglie “miste” russo-ucraine. Il problema sono i vertici e per quanto riguarda la Russia la volontà egemonica di Putin. Se a Kiev e Mosca un domani ci saranno poteri più democratici e meno autoritari, russi e ucraini non avranno certo problemi a tornare a vivere come “popoli fratelli”.