Tutto proseguirà come prima, senza particolari clamori ma anche senza interruzioni. I cosiddetti «dublinanti», i migranti che dopo essere sbarcati e aver presentato richiesta di asilo in Italia si sono trasferiti in Germania, continueranno a essere rispediti in Italia da Berlino, esattamente come avviene da circa un anno. Solo che non ci sarà l’incremento di partenze auspicato dai tedeschi, ma si procederà con due voli al mese con 25 migranti a volta.
Per non compromettere ulteriormente i rapporti con Roma, ieri il governo tedesco ha fatto sapere di non avere altri voli in programma e comunque se anche fosse di non voler rendere pubblica la notizia. In ogni caso, ha spiegato una portavoce della cancelliera Merkel, tutto avverrà secondo quanto previsto dal regolamento di Dublino e con l’autorizzazione del paese interessato, in questo caso l’Italia.

Quanto basta per permettere anche a Matteo Salvini, che solo domenica scorsa aveva minacciato di chiudere gli aeroporti italiani esattamente come ha fatto con i porti, di mettere a modo suo la parola fine, almeno per ora, alla polemica. «Io mi pongo i problemi che esistono. Se la Germania dice che non ci sono questi voli non mi pongo questi problemi», ha detto il ministro leghista.

Di «dublinanti» e movimenti secondari si parlerà probabilmente al G6 dei ministri degli Interni cominciato ieri sera a Lione e dove Salvini ha incontrato il collega tedesco Seehofer. Solo fino a quattro mesi fa i due erano grandi amici e soprattutto alleati, al punto che Roma e Berlino avevano dato vita con Vienna a un «asse dei volonterosi» deciso a tutto pur di fermare gli arrivi dei migranti in Europa. Amicizia, e alleanza, durata però poco. Gli interessi del tedesco, leader della bavarese Csu alla prova delle urne domenica prossima, sono infatti contrapposti a quelli dell’italiano tanto da spingere per arrivare al più presto a un accordo che mettesse fine alla questione dei movimenti secondari. Siglata un’intesa con Spagna e Grecia, tutto si è però arenato con Roma nonostante la Germania abbia accolto la principale richiesta avanzata da Salvini, che si era detto disponibile a riprendere indietro i dublinanti solo «a saldo zero», vale a dire per ogni migrante ripreso da Roma, Berlino ne avrebbe accolto uno tra quelli sbarcati in Italia.

Al momento della firma, più volte annunciata come imminente dallo stesso Seehofer, Salvini si è però tirato indietro alzando l’asticella delle richieste: via libera all’accordo solo se Berlino avesse appoggiato la richiesta italiana di modificare le regole della missione europea Sophia che prevedono lo sbarco nei porti italiani dei migranti salvati in mare. Decisione che in realtà può essere presa solo con il voto unanime dei 28.

Il fatto è che Salvini ha capito che trovare un accordo sui movimenti secondari avrebbe favorito Seehofer, che di certo lo avrebbe sfruttato nella corsa per il voto di domenica. Fermarlo favorirebbe invece «gli amici» dell’Afd, l’estrema desta tedesca a cui da qualche settimana il leghista sembra sentirsi più vicino.

Che Salvini usi i migranti per raccogliere consensi in Italia e scardinare l’Unione europea è chiaro, quanto questo atteggiamento sia utile è tutto da vedere. Finora i ricatti italiani non hanno portato alcun risultato utile isolando invece sempre più il Paese, come probabilmente si capirà anche dal vertice G6 in corso a Lione. Dopo aver rotto con Francia e Germania, all’Italia resta l’alleanza con Marine Le Pen e i Paesi di Visegrad che però più che agli interessi italiani guardano ai propri. Come dimostra il rifiuto ostinato a modificare il regolamento di Dublino, cosa che aiuterebbe non poco l’Italia. ma come dimostra anche l’incontro che c’è stato ieri a Budapest tra il premier ungherese Viktor Orbán e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan con il primo che, preoccupato da una possibile riapertura della rotta balcanica, ha definito fondamentale «per la sicurezza ungherese» l’azione di contrasto dei flussi messa in atto dal governo turco. Intanto, in vista del Consiglio europeo del 18 ottobre, Austria e Danimarca lavorano a un documento in cui si propone di aprire «centri per il rimpatrio in Paesi terzi», in particolare in Albania. Destinatari sarebbero i migranti «soggetti a decisioni» definitive «e che non possono essere rinviati verso i propri Paesi di origine, a causa della mancanza di cooperazione» degli Stati.