All’ingresso della città, sul cartello che reca la scritta di «Macerata città della pace» una mano anonima ha aggiunto a bomboletta una parola che dice molto su queste giornate infinite: «Eterna».

Il vertice della tensione è stato toccato ieri sera, all’ora di cena, con la calata di Roberto Fiore e di Forza Nuova, che si sono visti per un comizio elettorale in piazza Oberdan, in una zona defilata del centro di Macerata, malgrado i tentativi di vietare qualsiasi manifestazione lanciati prima dal sindaco Pd Romano Carancini e poi dalla prefettura con il Viminale pronto a dare manforte.

La sortita del movimento di estrema destra è rimasta blindata e non ha fatto registrare una grande partecipazione, in compenso una trentina di persone si è fatta vedere per contestarli al grido di «terroristi» e «assassini». Tra i due blocchi, una corposa cortina di agenti in assetto antisommossa.

L’appello a non manifestare di Carancini, comunque, era già caduto nel vuoto nel pomeriggio di mercoledì, quando nella centralissima piazza della Libertà il capo di Casapound Simone Di Stefano ha inscenato la sua passeggiata elettorale con dieci militanti e venti cronisti al seguito. In tutto questo la città vive da quasi due settimane con il fiato sospeso, nell’incertezza di una situazione pesantissima, tra l’omicidio della giovane Pamela, la sparatoria di Traini e il successivo clima tesissimo.

Nel pomeriggio di ieri il leader della Lega Matteo Salvini è andato prima a Camerino dai terremotati e poi a Civitanova. Sulla costa ha trovato ad accoglierlo degli striscioni con scritto «sciacallo», mentre in montagna una ventina di ragazzi ha deciso di contestarlo al grido di «siamo tutti antirazzisti».
Il giorno dopo la clamorosa spaccatura del fronte antifascista, intanto, fioccano le adesioni per il corteo che partirà domani pomeriggio alle 14 .30, davanti alla stazione.

«Marceremo contro il razzismo, contro il fascismo e per la democrazia», confermano i militanti del centro sociale Sisma, che aggiungono: «I militanti di base delle associazioni che hanno ritirato la loro adesioni verranno di sicuro, indipendentemente da quello che hanno detto i loro vertici».

Ieri in città è arrivato il leader di Liberi e Uguali Pietro Grasso, che, dopo la sua visita ai feriti in ospedale e alla madre di Pamela Mastropietro, ha preso le parti dei manifestanti. «Non si può pensare che le manifestazioni fasciste e quelle antifasciste siano la stessa cosa – ha detto ai cronisti –, capisco le tensioni ma bisogna difendere i valori della nostra democrazia». Il presidente del Senato ha anche parlato di «perplessità per le decisioni delle segreterie nazionali della associazioni di rinunciare alla propria presenza».

C’è confusione sul fronte istituzionale: nella tarda serata di mercoledì la prefettura ha reso pubblica una nota con cui accoglieva l’invito del sindaco Romano Carancini, imponendo uno stop a tutte le manifestazioni. Ancora ieri pomeriggio dalla questura hanno fatto sapere che nessuna manifestazione era stata vietata.

Due posizioni in apparente contrasto, se si considera che il ministro degli Interni Marco Minniti era stato piuttosto chiaro sul punto: «Mi auguro che chi ha annunciato manifestazioni accolga l’invito del sindaco, se qusto non avverrà, ci penserò io ad evitare tali manifestazioni». Tutto questo dopo essersi fatto i complimenti da solo, a modo suo: «Traini, l’attentatore di Macerata, l’avevo visto all’orizzonte dieci mesi fa, quando poi abbiamo cambiato la politica dell’immigrazione».

Le invidiabili doti da veggente del ministro – tra l’altro apprezzate dal segretario dem Matteo Renzi a Cartabianca su Raitre -, non hanno comunque impedito al 28enne militante leghista di aprire il fuoco contro sei ragazzi africani.