Lo Stato islamico colpisce di nuovo a Kabul, la capitale afghana. La scorsa settimana, l’attacco in un centro di registrazione per le elezioni parlamentari, nel quartiere sciita: 60 morti. Ieri, un duplice attentato nel quartiere centrale di Shash Darak: 26 morti e almeno 45 feriti. Tra loro 9 giornalisti, colpiti deliberatamente con la seconda esplosione.

SECONDO LA RIVENDICAZIONE su Amaq, l’agenzia mediatica del gruppo di Abu Bakr al-Baghdadi, i due attentatori sarebbero Qa’qa’ al-Kurdi e Khalil al-Qurashi. La tattica adottata non è inedita, né per l’Afghanistan né per altri fronti delle guerre asimmetriche, ma rimane particolarmente infame: il primo attentatore si è fatto esplodere nei pressi di un checkpoint non lontano dal quartier generale del National Directorate of Security, i servizi segreti afghani, e dell’ambasciata statunitense; il secondo, secondo quanto riferito da Najib Danish, portavoce del ministero degli Interni, si sarebbe finto giornalista, mostrando la tessera di categoria e aspettando che la folla si infittisse. Dopo venti minuti, si è fatto esplodere, colpendo in particolare i giornalisti. Sette quelli morti sul colpo, due qualche ora dopo. Sono tutti afghani.

Tra loro, giovani professionisti, operatori video delle televisioni locali come Tolonews, 1Tv, Mashal Tv, oltre a tre colleghi di Radio Azadi (Radio Free Europe). Tra questi ultimi anche Mahram Durani: 28 anni, collaborava da una settimana soltanto con Radio Azadi come producer per un programma sulle questioni di genere. Il lavoro vero e proprio sarebbe cominciato a metà maggio. Si trovava a passare sul luogo dell’attentato e si è fermata a dare una mano ai futuri colleghi. Tutti saltati per aria. Stessa sorte per due veterani del giornalismo afghano, nomi spesso sconosciuti al grande pubblico, ma cruciali per far arrivare immagini e notizie dall’Afghanistan: Yar Mohammad Tokhi, per 12 anni cameraman a Tolo Tv, avrebbe dovuto sposarsi tra un mese. Shah Marai, fotografo della France Press, veterano conosciuto e stimato da tutti. Lascia sei figli e un imponente serbatoio di immagini sul suo Paese. Immagini di pace e di guerra.

 

Il fotoreporter Shah Marai (Afp), rimasto ucciso nel duplice attentato di ieri a Kabul

 

LE ALTRE VITTIME SONO CIVILI, passanti, tranne cinque poliziotti e, secondo Amaq, un funzionario dell’intelligence.

Il colpo è particolarmente duro per la comunità di giornalisti afghani. Dalla caduta del regime talebano, nel 2001, quello di ieri è il giorno più tragico per loro. Mentre si piangevano i morti di Kabul, da Khost, cittadina nell’omonima provincia al confine con il Pakistan, arrivava la notizia dell’omicidio di Ahmad Shah Angar, giovane giornalista della Bbc freddato mentre tornava a casa in bicicletta.

Per Reporters Without Borders, l’Afghanistan rimane il terzo Paese più pericoloso al mondo per gli operatori dell’informazione. Ventuno i giornalisti uccisi nel 2017. Sempre più minacciati dall’antagonismo tra i Talebani, il principale gruppo anti-governativo, e la “provincia del Khorasan”, la branca locale dello Stato islamico. Istituita formalmente nel gennaio 2015, si è guadagnata visibilità a colpi di attentati, rivolti soprattutto contro gli hazara, la minoranza sciita.

I TALEBANI, a cui a fine febbraio il presidente Ashraf Ghani ha offerto un generoso piano di riconciliazione, hanno lanciato il 25 aprile la tradizione «campagna di primavera», chiamata al-Khandaq. Promettono attentati ed esplosioni, in particolare contro le truppe di occupazione, e archiviano – almeno per ora, pubblicamente – l’offerta del presidente Ghani come semplice propaganda, «per distrarre l’opinione pubblica dall’illegittima occupazione straniera del Paese, dal momento che gli americani non hanno intenzioni serie di porre fine alla guerra».
L’attentato compiuto ieri nel distretto di Daman, nella provincia meridionale di Kandahar, sembra rientrare proprio in questa campagna di primavera. Un veicolo imbottito di esplosivo è stato lanciato contro un convoglio militare straniero, parte della missione a guida Nato Resolute Support. Sarebbero almeno cinque i militari di nazionalità romena rimasti feriti. Undici, invece, i bambini afghani morti, studenti di una scuola coranica.