«Lo squadrismo va fermato. Bisogna tornare in piazza senza farci intimorire»
Intervista all'eurodeputata Eleonora Forenza «Il clima politico attuale favorisce questo scenario. Puntare continuamente il dito contro la presunta invasione di migranti legittima i fascisti ad agire come meglio credono»
Intervista all'eurodeputata Eleonora Forenza «Il clima politico attuale favorisce questo scenario. Puntare continuamente il dito contro la presunta invasione di migranti legittima i fascisti ad agire come meglio credono»
L’indignazione e la rabbia del giorno dopo. Per chi da una vita si batte per i diritti degli ultimi, contro l’arroganza e la prepotenza di chi invece ancora oggi, incredibilmente, ha ancora diritto di parola e di azione in questo Paese.
Eleonora Forenza, cos’è accaduto esattamente venerdì sera a Bari?
Avevamo da poco terminato di sfilare alla manifestazione antifascista “Bari non si lega”, tornavamo verso le nostre macchine, quando ci siamo fermati per prestare assistenza ad una ragazza eritrea visibilmente impaurita. Insieme ad un’amica e ad una bambina piccola, dovevano attraversare via Crisanzio, dove abitano, che però in quel momento era del tutto bloccata perché presidiata dai militanti fascisti di Casapound. E in questo quartiere avere la pelle scura non ti fa certo stare tranquilla. Un gruppo di questi squadristi, almeno cinque, ci è venuto incontro, aggredendoci verbalmente, per poi passare alle vie di fatto, colpendo il nostro gruppo di persone con mazze e cinghie, lasciando due compagni a terra. Il mio assistente, Antonio Perillo, 36 anni, è ora all’ospedale Mater Dei con trauma cranico. Ci hanno urlato: “Ve ne dovete andare”. La via non era presidiata dalle forze dell’ordine, non c’era alcun controllo: nonostante il nostro corte sia stato guardato a vista da decine di agenti. Possibile che non era stato predisposto alcun controllo? Le forze dell’ordine sono arrivate quando tutto era finito. E alla fine le cariche sono state riservate ai compagni giunti per protestare contro la vile aggressione di cui siamo stati vittime.
Quanto accaduto a Bari, indubbiamente, è anche il frutto del clima politico del momento, dell’aria che da tempo si respira.
Certamente è così. Il clima politico attuale favorisce questo scenario. Puntare continuamente il dito contro la presunta invasione di migranti sul tema dell’emergenza sicurezza, portare avanti una politica di sgomberi di case e luoghi di aggregazione, dotare le forze dell’ordine di nuovi strumenti di repressione, non fanno altro che favorire i comportamenti di queste forze neofasciste, che si sentono legittimate ad agire come meglio credono.
La presenza di queste organizzazioni neofasciste è sicuramente un tema su cui riflettere e sul quale agire, anche e soprattutto politicamente.
Il tema è proprio questo: ovvero il fatto che in moltissime città italiane siano presenti sedi di questi gruppi neofascisti. Continueremo a chiedere alle Istituzioni la chiusura di queste sedi fasciste. È inaccettabile che un covo di fascisti sia aperto in pieno centro in una città come Bari. Questo governo fa del razzismo e del fascismo un elemento della sua cultura politica. Un fatto come quello di venerdì sera riporta questa città e questo Paese ai tempi più bui e credo che sia inammissibile, intollerabile.
Non bisogna quindi indietreggiare. Quali le prossime iniziative?
Oggi occorre una reazione di tutta la città: è importante che la Bari antifascista torni in piazza, che ricordi che questa è la città di Benedetto Petrone, senza farsi intimorire. Nei prossimi giorni ci mobiliteremo ancora perché non è un problema che riguarda solo Bari, ma nazionale. Lo squadrismo va fermato ad ogni costo. Resteremo a Bari e formalizzeremo la denuncia per questa aggressione fascista. Denunceremo quanto accaduto politicamente e per le vie giudiziarie.
Un presidio antifascista è stato organizzato in piazza Prefettura a Bari per martedì prossimo, 25 settembre, alle ore 18.30. È solo la prima di tante mobilitazioni «necessarie per dire con forza che Bari non accetta l’odio, il razzismo e la violenza fisica».
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