Torna lo spettro dell’uscita dall’Euro. E lo spread tocca la vertiginosa quota di 303,7 punti base mentre la moneta europea cola a picco in pochi minuti. Un quadro finanziario che comincia a fare paura anche al popolo dei risparmiatori che danno segnali di nervosismo presso le banche e che la speculazione internazionale sta monitorando minuto per minuto.

Il fantasma della Italexit è tornato a circolare in Europa dopo che il presidente della Commissione bilancio, Claudio Borghi, il più euroscettico del partito di Matteo Salvini, ha detto senza mezzi termini: «Sono straconvinto che l’Italia con una propria moneta risolverebbe gran parte dei problemi. Il fatto di avere il controllo sui propri mezzi di politica monetaria è condizione necessaria – ma non sufficiente – per realizzare l’ambizioso ed enorme programma di risanamento». Non appena pronunciate quelle parole in una trasmissione radiofonica i grandi investitori italiani ed europei hanno gettato sul mercato tonnellate di Btp mettendo in serio allarme tutta la comunità industriale finanziaria europea e i piani alti di Bruxelles e Francoforte dove ha sede la Bce.

Non è servita a nulla la rassicurazione del premier Conte, («L’euro è per noi irrinunciabile»), e il timidissimo passo indietro di Borghi: «L’uscita dall’euro non è nel programma di governo. Anche se io resto convinto che l’Italia farebbe meglio con la sua valuta nazionale». Ormai la frittata era fatta. E tutte le dietrologie sul Piano B siglato da Paolo Savona sono diventate benzina sul fuoco di un’ennesima giornata di panico finanziario con risvolti pesanti tra gli imprenditori che hanno cominciato a sparare a zero sull’esecutivo. Federico Visentin ad esempio – numero uno di Federmeccanica – ha criticato aspramente in un’intervista a Radio 24 le nebulose della manovra economica del governo Lega-M5S.

Così lo spread tra Btp e Bund, che aveva chiuso a 282 punti base lunedì sera sull’onda delle dichiarazioni di Moscovici, si è spinto fino a 303,7 punti base nel finale di seduta – sugli schermi Bloomberg – per poi chiudere a 302,5. Il rendimento del titolo decennale italiano ha aggiornato ancora i massimi da fine febbraio 2014 raggiungendo il 3,45% per terminare la seduta al 3,44%. «Cifre da brivido – spiegano gli operatori finanziari e bancari – perché come sanno gli addetti ai lavori dopo una certa soglia lo spread subisce dei balzi in avanti che potrebbero portarlo sul baratro dei 400 punti base in poco tempo».

Un’altra brutta giornata anche a piazza Affari. La Borsa di Milano ha chiuso la sua quinta seduta consecutiva in territorio negativo sulle tensioni che stanno accompagnando la stesura di Def e manovra. Il Ftse Mib, dopo una giornata sull’ottovolante, ha archiviato gli scambi in calo dello 0,23% a 20.562 punti. I titoli più venduti sono sempre quelli del comparto finanziario, insieme a Telecom, di nuovo in calo (-2,5%) dopo il tonfo di ieri su un report di Barclays. Le altre piazze europee risentono del clima di preoccupazione per gli asset italiani: Francoforte lascia sul terreno lo 0,42%, Parigi lo 0,7%. In forte calo anche Madrid (-1,08%), meno la Borsa di Londra (-0,28%). Niente timori a Wall Street, che agguanta invece un nuovo massimo storico con il Dow Jones in rialzo dello 0,47% a 26.780 punti. È positivo anche il Nasdaq (+0,12%). Il cambio Eurodollaro, dopo una brusca discesa a 1,150, risale a 1,158 dollari. Maglia nera della seduta a Piazza Affari è Unipol, che cede il 2,5% a 3,73 euro. Tim è di nuovo vicina a ri-aggiornare i suoi minimi storici: il prezzo di chiusura a 0,48 euro la riporta ai livelli dell’agosto 2013 e la sua capitalizzazione di Borsa scende a circa 10,1 miliardi di euro, quasi dimezzata rispetto a 5 mesi fa.

Ora le attese sono per i prossimi giorni quando si capirà se le casematte della speculazione e i grandi fondi d’investimento hanno già scritto nel libro nero il caso Italia. «Se così fosse – spiega un banchiere – saremmo nei guai. Significherebbe che gli investitori istituzionali considerano i nostri Btp nella zona grigia, dove a qualsiasi prezzo non si compra. Ci sarebbe un effetto a cascata su banche e risparmio assai rischioso per la stabilità economica».