Ci inerpichiamo di tornante in tornante fin ai 1800 mt di altitudine di Tignes, in Val d’Isère, tratto finale della 9° tappa del Tour de France. I ciclisti, quelli veri, passeranno più tardi, l’incitamento degli appassionati della Grande Boucle disseminati lungo l’intero tragitto è tutto per noi. Alè Alè Alè! Courage! In furgone, in auto, in bici: famiglie con i cani, pensionati col tavolino, gang di giovani con birre e casse per la musica. Tutti aspettano la gara da ore, alcuni la stanno seguendo dalla prima tappa. Piove, fa freddino, ma è lo stesso una festa, per i francesi la più bella dell’anno. Si attende anche la famosa carovana del Tour, la lunga sfilata di accompagnamento degli sponsor che da carri carnevaleschi lanceranno i loro regali. Ma in questo tratto, che è riserva naturale, sono stati deviati, per intercettarli bisogna spingersi quasi all’arrivo.

IL TOUR DE FRANCE 2021 E’ PARTITO da Brest, principale porto della Bretagna, ma la città del film di Fassbinder Querelle di Brest in realtà è stata una soluzione di ripiego: a ospitare la prima tappa doveva essere la capitale bretone Rennes, senonché è arrivato il clamoroso rifiuto della città. Motivo: il Tour de France è troppo costoso e inquinante. La decisione della neoeletta giunta comunale sostenuta da Eelv, il partito ecologista verde europeo, non poteva che sollevare un polverone di polemiche.

PER I DETRATTORI SI E’ TRATTATO di una posizione incomprensibile, dogmatica e antipopolare; non è mancata una pioggia di insulti e invettive a carico degli ecologisti, che da parte loro hanno difeso il diritto a interrogarsi sull’opportunità di accogliere quel grande evento, specialmente in un momento di crisi come quello lasciato dalla pandemia. Ospitare una tappa infatti prevede degli esborsi da parte dell’amministrazione nei confronti dell’organizzazione del Tour, che nel caso di Rennes equivalevano a 650 mila euro: un investimento di soldi pubblici a cui corrispondono benefici economici molto modesti, almeno per la pubblica amministrazione. In più il Tour ha anche un costo dal punto di vista ambientale.

A RINCARARE LA DOSE E’ ARRIVATO anche il sindaco di Lione, che alla partenza del tour 2020 senza mezzi termini lo ha definito «inquinante e machista». Per il primo cittadino non era scontata l’accettazione di una manifestazione che, oltre a insistere su un immaginario prevalentemente maschile, non si poneva seriamente il problema dell’impatto ambientale legato agli innumerevoli veicoli a motore che lo accompagnano e all’enorme quantità di rifiuti di plastica che produce. Una forte critica non alla competizione sportiva in sé ma alla sua gestione mercantilista e produttivista. L’ondata verde si è poi estesa, altri amministratori eletti nelle liste verdi hanno preso parola, come quelli di un’altra località bretone destinata ad accogliere l’arrivo della prima tappa, Landernau, che hanno condizionato il loro assenso all’avvio di una rivoluzione ecologica del Tour.

FULMINI A CIEL SERENO? In realtà tale discussione in Francia era già in corso. E’ dal 2009 che Génération Ecologie, storico partito ecologista la cui presidente, Delphine Bathou, è l’attuale Ministro per l’Ecologia, lo Sviluppo Sostenibile e l’Energia, denuncia l’irresponsabilità ambientale degli organizzatori del Tour, evento mondiale la cui impronta ecologica è inferiore solamente a quella dei Giochi Olimpici e dei Mondiali di Calcio. Sotto accusa appunto il lancio di gadget dalla carovana pubblicitaria, che avviene per tutti i più di 3000 km del percorso: il più delle volte oggetti di plastica, di bassa qualità, spesso confezionati in altra plastica a volte lasciata sul posto dagli astanti meno scrupolosi: è l’organizzazione stessa del Tour che convalida ogni anno la distribuzione di più di 18 milioni di questi omaggi.

DECINE DI TONNELLATE DI RIFIUTI che, nelle zone raggiunte, vengono raccolte dai servizi di pulizia dei comuni: per esempio nel 2012 il comune denuclearizzato di Ventoux ha dichiarato di averne trattato 20 tonnellate, tra cui più di 20 mila lattine e 30 mila bottiglie di plastica. Le foto del mitico Mont Ventoux (dove quest’anno il Tour per la prima volta nella storia è passato due volte) nuovamente disseminato di rifiuti nel 2017, avevano seriamente compromesso l’immagine dell’evento. Ed è sempre la famigerata carovana che, con i suoi 12 km di lunghezza e più di 200 veicoli a motore tra mezzi degli sponsor, furgoncini e camion per servizio tecnico, stampa, pronto soccorso, determina un tasso di emissioni di Co2 spaventoso; e poi gli aerei e gli elicotteri che seguono le tappa, e i mezzi privati dei 10-12 milioni di spettatori che viaggiano per ammirare la corsa lungo le strade: ecco come l’evento legato al più ecologico dei mezzi di trasporto diventa fra i più inquinanti al mondo.

NEL 2019, 34 DEPUTATI E SEI ONG francesi in un appello pubblico hanno lanciato ancora una volta l’allarme sull’inquinamento da plastica che il Tour de France genera ogni anno sulle strade francesi, chiedendo agli organizzatori, ai partner e agli sponsor di prendere davvero coscienza di queste realtà e di pensare per il futuro a un Tour con un caravan pubblicitario privo di questi oggetti di plastica e meno inquinante. A qualcosa l’eresia degli ecologisti è servita. Nel 2019 il direttore del Tour Christiann Proudomme rispose alle critiche affermando che da almeno cinque anni stavano operando una politica di riduzione della plastica, diminuendo il numero di gadget e veicoli e commissionando studi di impatti ambientale per le aree sensibili, dove non distribuire materiale, arrestare l’impianto audio, il sorvolo degli elicotteri della televisione e applicare dispositivi di raccolta dei rifiuti specifici e immediati.

PER L’EDIZIONE, LA PROPRIETA’ DEL TOUR ha sbandierato la riduzione dell’impronta di carbonio, sotto l’egida del Wwf e del ministero dello Sport. Il programma prevede in particolare l’impegno sulla flotta automobilistica, che in questa edizione è all’85% a motore ibrido; entro il 2024, secondo le intenzioni, vedrà solo veicoli a motore alternativo: elettrico, ibrido, idrogeno, biocarburante; i mezzi pesanti, saranno interamente Euro6 e durante tutto il Tour verrà testato un camion funzionante a biocarburante; sul fronte dei rifiuti, l’obiettivo sarà che tutti i prodotti distribuiti siano riciclabili e riutilizzabili.

ALCUNI CAMBIAMENTI EFFETTIVAMENTE li abbiamo riscontrati: oltre alla deviazione della carovana, al nostro ritorno il tragitto è apparso effettivamente pulito e souvenir come magliette e cappellini erano distribuiti senza confezione; ma rimane il numero impressionate di veicoli legati ai vari sponsor: per tutto il giorno ci sono passati davanti trucks, autobus, megavan e decine e decine di macchinoni griffati con all’interno il solo conducente.

ALCUNE DI QUESTE FIRME SONO POI imbarazzanti. Zero Waste France, una delle Ong che ha promosso l’appello del 2019, segnala che Ineos, proprietario dell’equipe di ciclismo più forte del mondo, di cui fa parte anche il vincitore del Giro d’Italia Bernal, è un controverso gigante inglese del petrolchimico che fa uso di fracking e i suoi poli industriali secondo diverse associazioni ambientaliste sono fra i più inquinanti al mondo.

UN’ALTRA ONG FRANCESE, No plastic in my sea, fa notare come alcuni produttori di bevande in bottiglie di plastica o di cibi zuccherati o grassi avvolti nella plastica siano poco rassicuranti su ciò che verrà distribuito. Uno dei marchi più problematici è l’acqua Vittel, appartenente alla Nestlè, che secondo una recente inchiesta di Liberation, è responsabile nelle Vosges della discarica illegale di bottiglie di plastica che stanno inquinando la falda freatica da cui, oltre ai residenti, attinge lei stessa. Il suo partenariato è stato recentemente riconfermato fino al 2023, così che anche quest’anno, come recita un suo comunicato, si appresta a regalare nel corso delle tre settimane del Tour, come abbiamo effettivamente visto fare, un milione delle sue bottiglie riempite di un’acqua che lei stessa inquina.