Nel suo ultimo libro Surfaces, pubblicato in italiano da Johan&Levi, Giuliana Bruno indaga i fenomeni che avvengono sulle superfici, viste come spazio di relazione per eccellenza, dispositivi per mettere in contatto dimensioni spaziotemporali distanti, per far dialogare arti visive, cinema e architettura. Tra le varie superfici, si parla anche delle facciate degli edifici, che possono diventare luoghi di narrazione, spazi in trasformazione. L’ampio saggio di Bruno, studiosa da sempre convinta della assoluta necessità di abbattere ogni confine tra le discipline, viene in mente appena giunti a Lisbona, sulle rive del fiume Tejo, dove da pochi mesi sorge il nuovo Maat – Museu de Arte, Arquitetura e Tecnologia, frutto di un cospicuo investimento da parte della Fundação Edp – Energias de Portugal.

Tra arte e musica

In occasione dell’inaugurazione della mostra Utopia/Dystopia, curata dal direttore Pedro Gadanho con João Laia e Susana Ventura, le superfici della scenografica architettura progettata dall’inglese Amanda Levete, si sono attivate attraverso due atti performativi: il tetto-giardino si è animato con il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, e la facciata sul fiume, rivestita da maioliche tridimensionali, è stata utilizzata come insolito strumento musicale nella performance orchestrata dall’olandese Alard van Hoorn. In particolare quest’ultima, messa in atto da alcuni percussionisti, ci è sembrata la perfetta metafora dell’intera operazione culturale di Gadanho. Attraverso i movimenti dei musicisti, tutte le arti sono entrate in risonanza, l’architettura è divenuta teatro, musica, arte.

Utopia/Dystopia, viene definita dallo stesso Gadanho come una mostra-manifesto, in cui le opere divengono «strumenti» per raccontare una ricerca sulle arti visive e l’architettura, e in qualche modo anche la sua visione museale a pochi mesi dall’apertura del Maat. «Non abbiamo voluto distinguere tra arte e architettura – racconta il direttore – le abbiamo accostate liberamente per assonanza, seguendo le diverse aree tematiche. Abbiamo scelto autori capaci di sconfinare dalla propria disciplina, in modo che l’alternanza non fosse mai una cesura». Un equilibrio delicato, in cui le opere dei più giovani autori spesso richiamano quelle dei maestri presenti in mostra, in un continuo dialogo tra le parti. Troviamo così le opere di architetti come Superstudio, Aldo Rossi, Rem Koolhaas, Didier Faustino, associate a quelle di artisti quali Tacita Dean, Cao Fei, Jori Colomer, Wolfgang Tillmans nello spazio performativo del complesso museale disegnato dalla Levete, attraverso l’uso di molteplici media che si svolgono negli ambienti con un «ritmo cinematografico», per ancora prendere a prestito le parole della Bruno.

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In metamorfosi

Gadanho, dopo tre anni trascorsi a New York come curator of contemporary architecture del Moma, nell’estate 2015 è tornato a Lisbona, per dare vita a questo nuovo progetto museale che mette in campo arte, architettura e tecnologia. In una città che nel giro di un lustro è stata protagonista di un vero e proprio rinascimento culturale, tanto da meritare il titolo di «Capitale Iberoamericana della Cultura 2017», dell’Ucci – Union of Ibero American Capital Cities. «In questo periodo, la trasformazione in atto è più grande che mai. Quando me ne andai a New York la città era nel pieno della crisi finanziaria, si respirava un’atmosfera di forte depressione. Nel frattempo, la municipalità ha scommesso sul turismo e sull’offerta culturale. Sono tantissime le persone che da tutto il mondo si stanno trasferendo qui, per gli affitti bassi, ma soprattutto per la straordinaria qualità della vita. Nel giro di poco tempo, Lisbona è diventata una delle città più vivaci e interessanti in Europa. È stimolante anche per la molteplicità di culture che vi convivono.

Finalmente, l’offerta culturale è di livello internazionale. A parte l’apertura del Maat, a maggio prenderà forma la prima edizione di ArcoLisboa, con cui collaboreremo». Il museo, che ha aperto i battenti a ottobre, ha inciso fortemente sul rilancio della città lusitana, perché è stato capace di attirare un grandissimo numero di visitatori, creando al contempo un efficace spazio pubblico sul fiume, dove le persone possono passeggiare, correre, andare in bici, incontrarsi o semplicemente godere della vista. «Vogliamo che l’edificio – ha continuato Gadanho – sia vissuto pienamente dai cittadini, la copertura è percorribile, e vorremmo utilizzarla anche come teatro all’aperto, dove assistere a performance o proiezioni video e cinematografiche. D’altra parte è nato per relazionarsi continuamente con la città, tra spazi interni ed esterni».

La Fondazione Edp opera da anni come promotore di grandi eventi culturali nel paese, e promuove, anche attraverso un’ampia collezione, l’opera degli artisti portoghesi che trovano un posto centrale al Maat. «A Lisbona c’è una scena artistica giovane e in crescita e un panorama musicale importante, soprattutto nell’ambito dell’elettronica. Sin dall’apertura del museo ho voluto coinvolgere tutte le realtà esistenti, stiamo pensando di organizzare un festival di musica elettronica negli spazi esterni del museo: è troppo presto per parlarne». Pedro ha una formazione da architetto, ma si è da sempre relazionato con gli artisti, anche semplicemente progettando le loro abitazioni, gallerie o atelier: «Credo che questo dipenda dalla visione del tutto personale che ho dell’architettura. Penso che l’architettura sia prima di tutto una disciplina culturale. Esattamente come il cinema o la letteratura. Per questa ragione, come si può vedere nella mostra Utopia/Dystopia, cerco costantemente di creare relazioni tra linguaggi differenti. Sono annoiato della visione corrente intorno all’architettura. In città, inoltre, c’è già uno spazio importante per mostre dedicate ai soli architetti, come il Garagem Sul del Centro Cultural de Belém, ora condotto da André Tavares, direttore della passata edizione della Triennale di architettura. Vorrei che l’architettura si avvicinasse di più all’arte, e viceversa, per proporre espressioni critiche della realtà in cui viviamo. È già successo nella storia dell’architettura, non a caso in mostra ci sono opere di gruppi visionari come Superstudio e Archizoom o architetti e designer come Yona Friedman».

Il rischio turistico

Lisbona si conferma una meta eccellente per periodi di vacanza ma anche per soggiorni più lunghi, un luogo in cui si sta investendo molto, soprattutto a livello immobiliare. Una città in cui si stanno moltiplicando nuovi spazi dedicati alla ristorazione contemporanea, locali e negozi per accogliere migliaia di visitatori. L’unica insidia è la possibile scomparsa di quella forte identità urbana che l’ha da sempre caratterizzata, soprattutto se guardiamo al centro storico che si sta svuotando dei suoi abitanti originari, a favore della politica Airbnb. «Tourists, you’ll soon be here», recita un murales realizzato provocatoriamente vicino ai numerosi cantieri. La speranza è che la repentina crescita non sia al contempo causa di squilibrio sociale e culturale per chi questi luoghi li abita da sempre.