Per fortuna che tutti, proprio tutti, si aspettavano da Berlusconi il «passo di lato», formula diplomatica il cui significato è «togliersi di mezzo». Quanto di più distante dal carattere dell’uomo che, al contrario, esce dall’incontro con Mattarella e si lancia in uno show da notte degli oscar. E’ lui che «presenta» Salvini, anticipando ai giornalisti che sarà il leghista a leggere il comunicato congiunto, calibrato parola per parola come lo stesso cavaliere informa. In realtà la decisione è stata sofferta, il vertice della destra quasi solo su quello ha faticato a trovare l’accordo. L’ha spuntata Salvini, ma l’alleato si vendica rubandogli la scena.

Non si accontenta di dargli la parola, giusto per segnalare che Matteo sarà anche «il nostro leader» ma la cabina di regia resta ad Arcore. Fa le facce. Si piazza alle spalle del leader con le mani spavaldamente sprofondate nelle tasche. Quando Salvini enumera i prevedibilissimi punti di programma, Berlusconi annuisce e li conta sulle dita. Quel testo lo ha scritto lui, gli alleati si sono limitati a limare e correggere: ci tiene a farlo capire. Quando si arriva alla frase centrale, quella che chiude i conti con gli odiosi a cinque stelle, re Silvio non si tiene e la pronuncia in duetto con lo speaker ufficiale: «Il centrodestra è pronto a farsi carico della responsabilità di formare un governo unitariamente». Senza «veti, pregiudiziali, tatticismi e arroganza dei singoli». Il testo cita anche come modello di diplomazia Pratica di Mare, replica sintetica ma esaustiva a M5S che di Berlusconi vorrebbe cancellare anche il ricordo.

Per l’azzurro la sceneggiata rappresenta una vittoria piena. La incrina da solo, esagerando. La «battutaccia» finale, come la definirà Di Maio, non era prevista, non era concordata, non era condivisa. Salvini aveva appena finito di bollare come irresponsabile il «capo politico» dei 5S per i suoi veti, ed ecco che re Silvio, al momento dei saluti, si permette una mazzata senza precedenti in sede istituzionale: «Fate i bravi e sappiate distinguere chi è un democratico da chi nemmeno conosce l’Abc della democrazia. E’ ora di dirlo».

Salvini e Meloni sono furenti. In questa battaglia tipica della politica italiana in cui ciascuno tira a dimostrare che gli altri sono «irresponsabili», la frecciata al curaro del cavaliere ha offerto un argomento prezioso a Di Maio, che infatti non esiterà a sottolineare col pennarello rosso quelle parole quando sarà il suo turno, poco dopo, di parlare dal medesimo microfono.

Ma per quanto i due alleati non perdano occasione di scambiarsi ginocchiate sotto la cintura, una volta Salvini decidendo le cariche con i 5S e poi informando gli azzurri come usa con i vassalli, quella dopo Berlusconi con ingressi a gamba tesa come quello di ieri, la sostanza non cambia. Il tentativo di Di Maio di spaccare il centrodestra è fallito di nuovo, nulla autorizza a credere che possa riuscire e le possibilità di dar vita a un governo politico si allontanano. A. Co.