Come un fiume carsico che attraversa sotterraneo i nostri tempi, riappare ciclicamente davanti ai nostri occhi la forza e l’attualità della figura intellettuale di Giacomo Debenedetti. Non tanto chiaramente per la sua centralità storica e per la qualità assoluta della sua riflessione critica, ma come vero e proprio riferimento sia per chi scrive sia per chi legge, una necessità quasi biologica di tornare a chi del novecento letterario e culturale ne ha scritto il romanzo. Maestro della critica italiana, Debenedetti è stato uno dei primi grandi critici scrittori.

Preciso, affilato i suoi testi ancora oggi sono capaci di attivare immagini e visioni grazie a una lingua morbida e seducente che attrae e coinvolge il lettore. 16 ottobre 1943 è forse l’esempio massimo di questo capacità di far coincidere l’efficacia testimoniale con il valore letterario, un testo fondamentale per chiunque voglia comprendere cosa significa semplificando di molto capire e tradurre.

QUESTA NECESSARIA qualità Giacomo Debenedetti la metteva a frutto nella concezione non di un canone come in genere usano fare i maestri o le scuole critiche, ma di un paradigma dentro al quale non vi era esclusione, bensì possibilità di essere accolti, letti e consigliati. E anche in tal senso è prezioso il volume di Anna Folli, La casa dalle finestre sempre accese (Neri Pozza, pp. 252, euro 18), che sotto la guida di un racconto storico illumina quella comunità che da Torino a Roma rappresentava il mondo di Debenedetti fatto da artisti, letterati, architetti e musicisti. Un mondo che nonostante il fascismo e la guerra si ostina a cercare l’essenza della vita nella cultura e nelle sue opere senza che questo venga inteso come una fuga dalla realtà, ma anzi come un tentativo inesauribile di coinvolgimento e partecipazione.

Ed è molto supportato in questo dalla moglie e compagna di vita Renata Orengo che si rivela più volte centrale e fondamentale per la sua crescita sia culturale che esistenziale. Donna coltissima e vitale, Renata è protagonista, insieme a Giacomo, del libro di Anna Folli, lo è nelle scelte anche politiche e lo è nella fiducia amorevole (e sterminata) che ha verso il marito che si ritrova spesso coinvolto da dubbi e insicurezze che ne minano sia il percorso lavorativo – o meglio la carriera accademica, non certo la qualità della sua riflessione critica – sia la serenità sentimentale.

Ne La casa dalle finestre sempre accese pare spesso più luminosa Torino di Roma. Vero e proprio luogo sentimentale di Debenedetti Torino precede infatti gli anni più cupi e feroci del fascismo così come le beghe accademiche e quelle dei salotti letterari a cui dovrà in qualche modo sottoporsi a Roma.

TORINO RISPLENDE nella sua modernità che si esemplifica nella prima casa di Giacomo e Renata arredata in stile moderno ed essenziale tanto da finire tra le pagine della storica rivista di design «Casabella», sia nella lettura di Marcel Proust – di cui Debenedetti è il primo alfiere in Italia e vero e proprio stigma del critico piemontese.

Quella che si avvia come una luminosa vita sociale e culturale tramuterà in una lunga e a tratti stremante resistenza non priva però di conseguenze, oltre che sulla salute già cagionevole di Giacomo, anche sulla capacità di superare la triste e spesso miserabile quotidianità del fascismo (ma anche dell’arrivismo del dopoguerra) con uno sguardo che indagherà e produrrà tra le pagine più centrali della critica contemporanea. Il libro di Anna Folli è fondamentale se si vuole comprendere al meglio il senso di un percorso culturale ed esistenziale capace di cogliere l’essenziale e l’inattuale offrendo, alle nostre solitudini e ai nostri imbarazzi, strumenti ancora abili per capire dove mai siamo finiti.