Con il suo film d’animazione Valse with Bashir Ari Folman aveva fatto una grande impressione proprio qui a Cannes, ormai tredici edizioni fa. L’attesa era notevole per il progetto annunciato da anni di adattare il Diario di Anna Frank. Attesa mista a stupore, per un’idea che sulla carta non può non apparire rischiosa. Ari Forman si è dato diverso tempo, con il suo collaboratore David Polonsky, che aveva animato Bashir, hanno per prima cosa pubblicato un libro, un «graphic novel», del Diario di Anna Frank (2017). Questa prima tappa è servita a trovare una forma grafica al Diario,senza distaccarsi dal testo. Il film che oggi viene presentato a Cannes invece sceglie di allontanarsene, o meglio di raccontarlo attraverso una seconda linea narrativa, questa contemporanea. Con quale risultato ?

CHI NON HA LETTO il Diario di Anna Frank ? Fa parte di quei libri, non sono molti, che per noi, nati nel dopoguerra, costituiscono il bagaglio essenziale della nostra autocoscienza. Sono testi attraverso i quali il secolo ha concluso se stesso, ricomprendendosi e superandosi nella propria produzione. Difficile dire che cosa invece il Diario voglia dire per le generazioni nate dopo la fine del Secolo breve.
È probabilmente questa la riflessione che ha portato Ari Folman ha voler tentare non un’adattamento cinematografica del diario, ma un film che parte «alla ricerca» di Anna Frank. Che cos’è oggi? Un ponte, una scuola, un teatro e delle vie portano il suo nome ad Amsterdam, la città dove il padre decide di trasferire la famiglia nel 1933. E nella quale in seguito all’invasione nazista entra in clandestinità, rifugiandosi in un nascondiglio ricavato dal retrobottega della fabbrica di famiglia. Oggi il nascondiglio è un museo. Ogni giorno, i visitatori si soffermano nella camera che Anna Frank divideva con il signor Dussel. Che cosa guardano? Che cosa pensano ? Qual’è il senso di quest’esposizione ?
Ari Folman pensa che il Diario può avere una funzione nuova. Non solo farci ricordare quello che è successo, ma anche farci vedere quello che succede ora e che non riusciamo a vedere. Il film in particolare si sofferma sul destino dei rifugiati che attraversano l’Europa fuggendo le guerre. E che, arrivati qui, vengono trattati come esseri privi di diritti umani.

NON SI TRATTA di mettere il segno uguale tra lo sterminio e la situazione dei rifugiati. Anche se, è pur vero che, come ha mostrato Hannah Arendt nella Banalità del male, lì dove agli ebrei si sono lasciate aperte le porte (come tra Danimarca e Svezia) si sono salvati. Lì dove le frontiere si sono chiuse, li dove ai rifugiati sono stati tolti i diritti civili, gli ebrei sono stati deportati e in seguito sterminati. Ma Folman non tenta un’analisi storica. Vuole più semplicemente evocare lo spirito umanista del Diario, che cosiste nel dire: ogni vita conta.
Where is Anna Frank? È pensato per un pubblico giovane o giovanissimo, utilizza il linguaggio della favola e della magia, inventa un’esistenza fisica all’amica immaginaria a cui Anna si rivolge nel diario; con gli occhi della « cara Kitty », il film osserva sgomento la barbarie incosciente del mondo contemporaneo.