Prima ha voluto ascoltare il parere di tutto il Consiglio di presidenza del senato, vicepresidenti, questori e segretari. Poi il presidente Grasso ha deciso da solo e scegliendo di capovolgere l’orientamento del Consiglio. Il vertice amministrativo di palazzo Madama, infatti, si era detto contrario a che il senato si costituisse parte civile nel processo a Berlusconi per la corruzione dei senatori della quindicesima legislatura, che comincia a Napoli la prossima settimana. Grasso ha imposto – è nei suoi poteri – l’orientamento opposto.

«È un dovere morale contribuire alla ricerca della verità», ha detto il presidente del senato. E ha deciso per la costituzione in giudizio dell’istituzione, contro Berlusconi. Processualmente cambia poco, non sarà questa mossa a peggiorare la situazione del Cavaliere. Contro di lui ci sono le accuse di Sergio De Gregorio (già condannato a 20 mesi di carcere), ma a suo favore c’è come al solito il tempo: il collegio che deve giudicarlo è cambiato, la prescrizione è calcolata per la fine del 2015 e siamo solo al primo grado. Ma politicamente è un passaggio importante, sottolineato dalle alte grida del centrodestra contro Grasso e la magistratura tutta; un coro al quale eravamo abituati ma che non sentivamo da quando Berlusconi era decaduto dal senato. E una ragione c’è, visto che solo pochi giorni dopo il Cavaliere era diventato protagonista del patto con Renzi per cambiare la legge elettorale. E non solo quella – ora avviata sull’incerto sentiero della camera – ma anche per la riforma del senato che è la prossima tappa. Proprio oggi Renzi la presenterà al Pd, in vista di un progetto di legge che sarà consegnato in busta chiusa ai parlamentari a metà mese.

Ma dopo la decisione di ieri di Grasso, la situazione potrebbe farsi imbarazzante persino per l’audace segretario del Pd. L’asse con il Cavaliere, infatti, sarà decisivo per riuscire a condurre in porto la sostanziale abolizione del senato, che da organo elettivo si vorrebbe trasformare in un’assemblea di sindaci e presidenti di regione cooptati in funzioni legislative. Decisiva perché c’è la resistenza (anche corporativa) dei senatori (che avanzano proposte per cancellare invece la camera), c’è in questo caso la contrarietà della Lega e infine l’iniziativa renziana sta registrando nel Pd favori anche più tiepidi di quelli estorti dalla riforma elettorale – il senatore Tocci ha bollato la proposta del segretario di «plebeismo costituzionale». Visti anche i numeri più stretti del senato, per questa riforma costituzionale, alla quale si lega la durata della legislatura e persino l’efficacia della nuova legge elettorale, non si potrà dunque prescindere da Berlusconi. Che contemporaneamente, però, sarà processato per aver corrotto i senatori avendo contro l’istituzione senato tutta. Al Cavaliere non mancheranno argomenti per far saltare l’accordo e per Renzi il rischio è alto. Non a caso contro la costituzione in giudizio c’è stata ieri in Consiglio di presidenza la presa di posizione decisiva della senatrice Lanzillotta, che tra gli esponenti della lista Monti è la più vicina a Renzi.

Per Berlusconi, dunque, si prepara un altra fase di opposizione a un governo sempre più impopolare e contemporaneamente di traversie giudiziarie dalle quali non è mai stato elettoralmente indebolito. Per le sue capacità di propaganda è una collocazione quasi ideale, vedremo sé l’affidamento ai servizi sociali lo ostacolerà (c’è da dubitarne). Ma quanto questa fase sarà lunga lo deciderà quasi esclusivamente Renzi. Chi lo vuole pronto a sostituire Letta a palazzo Chigi intende evidentemente metterlo in difficoltà: basterebbe una settimana di governo con Alfano per cancellarne tutta la carica di novità. D’altra parte la sua tattica di indebolire Letta tenendolo però in piedi mostra già la corda. Fino a quando il segretario del Pd potrà giocare contemporaneamente il doppio ruolo di azionista di maggioranza ma anche di principale critico dell’esecutivo? Il presidente del Consiglio ripete da mesi che che non intende «farsi logorare», ma è precisamente quello che sta accadendo. Per questo oggi tornerà a partecipare alla direzione del suo partito, avendo ben chiaro che è lì dentro che deve difendere il suo mandato.

Berlusconi può permettersi il lusso di guardare da lontano questo scontro fratricida, dedicandosi – lui – a raccogliere i pezzi di una coalizione più larga possibile. Con la quale approfittare di una legge elettorale che sembra disegnata su misura per lui.