Nei giorni euforici di Syriza decine di corrispondenti ci hanno parlato da Atene con alle spalle il pronao neoclassico della sala stampa: lo Zappeion; e al comizio della vittoria, Tsipras esibiva la scenografia del portico ionico dell’Università. Associamo quasi ovviamente il neoclassicismo alla Grecia, ma questo connubio ha origini relativamente recenti: risalgono alla creazione del nuovo stato indipendente che, con la scelta di Atene come capitale nel 1834, mette in moto una imponente attività edilizia. L’Atene moderna è una città di fondazione intorno al fardello, ingombrante storicamente, dell’Acropoli.
Fino al 16 febbraio prossimo, c’è l’eccezionale occasione di poter vedere alla Theocharakis Foundation i progetti originali di queste strutture urbane, attraverso l’esposizione di circa duecento disegni dell’architetto danese Theophil Hansen (1813-1891).

A lui si devono molti edifici dell’Atene neoclassica come l’Osservatorio (1846), il palazzo Demetrios all’angolo di Syntagma (1842), la cattedrale cattolica (1842-62), la celebre Trilogia – Biblioteca, Università (questa progettata dal fratello Christian nel 1842) e Accademia (1855-59) – lo Zappeion (1880-1888) e numerosi altri progetti sempre ad Atene, Berlino, Vienna, Copenhagen.

Hansen ebbe una formazione Beaux-Arts, con uno sguardo diretto verso il teso classicismo di Schinkel; nel 1838, dopo un breve viaggio in Germania e nel Veneto, raggiunse ad Atene, capitale del neonato Regno, il fratello Christian: qui, tra l’altro, si occuperà della «purificazione» dei monumenti dell’Acropoli.

La mostra espone i disegni cronologicamente e per progetto; con un’appendice di qualche mobile, a ricordo della sua più ampia formazione, di disegni di frammenti dei marmi dell’Acropoli, rapidi appunti a matita e un notevole foglio con i ritratti dei compagni di viaggio. Materiale che ci restituisce la sua grande perizia.

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Non ci sono fotografie degli edifici ad aiutarci, ma questa scelta ha il pregio di tenere il disegno al centro della nostra attenzione, così come lo era nel dibattito di quegli anni sulla natura dell’architettura classica. E la maniacale minuzia dei dettagli dei disegni di Hansen – munitevi di una lente per guardarli – va molto al di là della necessità di illustrare dei procedimenti esecutivi. Il disegno, oltre a una certa esibizione della tecnica grafica, dispiega davanti a noi un vero e proprio universo autonomo e conclusivo nell’interpretazione dell’architettura. Piante, prospetti, sezioni con i colori degli interni dettagliati fino ai temi degli affreschi ci presentano il disegno come una lingua speciale con cui si parla dell’architettura, e in parte indifferente agli esiti realizzativi.

Dopo la mostra sarà più agevole capire perché il neoclassico ateniese appare così «tagliente», dove ogni spigolo, ogni linea, separa e non accompagna il trapasso. La luce abbagliante della Grecia illumina allo spettatore un’idea che, immersa nelle luci più morbide del nord, restava sullo quasi sfondo e forse si incupiva più delle intenzioni degli architetti.

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Anche la complessa relazione tra architettura e policromia, di cui il portico dell’Altes Museum di Schinkel a Berlino è un riferimento obbligato, è indagata in tutte le sue varianti nel progetto della cosiddetta «Trilogia ateniese», con la modulazione del colore tra il primo piano, portici e interni.

I progetti per il museo (1888) tra il teatro di Dioniso e quello di Erode Attico, un interessante sincretismo tra l’architettura adrianea e Ledoux, e quello per l’Osservatorio sulla collina delle Ninfe (1844-46), dove si incrocia con Palladio, si confrontano direttamente con le architetture dell’Acropoli. In un’Atene ancora rada, le architetture di Hansen punteggiano gli spazi in un dialogo tra oggetti vicini e lontani secondo una concezione estranea all’idea di contesto urbano. Questi edifici, posati come oggetti nella grande pianura di Atene, saranno una delle fonti di quel lessico – anche minuto – che «inventa» l’architettura delle Grecia moderna almeno fino alla seconda guerra mondiale, e di cui il prolifico Ernst Ziller (1837-1923) ne rappresenta forse il lato più professionale.

Tra i molti disegni in mostra sono di notevole interesse, allontanandosi da Atene, i progetti per l’Isola dei musei a Berlino che, nel quadro del dialogo tra monumenti antichi e moderni elaborato ad Atene, rendono più comprensibile il senso della composizione classica per elementi giustapposti. Una sorta di Acropoli orizzontale dove la luminosa rudezza dello sperone di pietra è sostituita dalla malinconica isola.