Erdogan flette i muscoli anche in Libia, incurante delle condanne internazionali subite dopo l’invasione turca ad ottobre del nord-est della Siria. Ora il presidente turco ripete che, se necessario e in accordo Tripoli, invierà i suoi soldati a fermare le truppe di Khalifa Haftar e salvare il governo di Fayez el Sarraj appoggiato dagli alleati Fratelli musulmani. Mostrarsi come protettore della Fratellanza ovunque in Nordafrica come in Medio oriente funge da copertura alle politiche ultranazionaliste e anticurde di Ankara e aiuta il dispiegarsi della dottrina neo-ottomana.

 

L’interventismo in Libia, e non solo, di Erdogan raccoglie consensi a Doha ma genera l’irritazione di Mosca e degli sponsor principali di Khalifa Haftar: Emirati, Egitto e Arabia saudita, nemici giurati dei Fratelli musulmani. Riyadh in particolare sta intensificando la campagna anti Erdogan negando lo spirito pan islamico del leader turco impegnato in continui riferimenti alla positività, vera o presunta, dell’impero ottomano per tutti i musulmani. Due giorni fa Al Sharq al Aswat, giornale megafono della monarchia saudita, ha lanciato un nuovo pesante attacco alla politica «inconsistente» di Erdogan. «La sua reputazione è stata trascinata nel fango – ha scritto l’editorialista Abdurahman al Rashid – durante otto anni di guerra e massacri in Siria non ha inviato un solo soldato per aiutare il popolo siriano nonostante le sue promesse. Perché qualcuno dovrebbe credere che spedirà le sue forze per combattere in Libia».

 

Sulla demolizione, ad ogni livello, dell’immagine positiva dell’impero ottomano proposta dal presidente turco si concentrano da qualche tempo i sauditi. E lo scontro tra Riyadh e Ankara ha raggiunto anche le serie tv regionali, terreno sul quale dominano le produzioni turche che riscuotono parecchio successo anche tra milioni di arabi. Serie spesso ambientate nei secoli passati. Di recente sono andate in onda “Il Secolo Magnifico” che racconta le vicende del celebre sultano Solimano e il dramma storico “Entugrul- Resurrezione”. La rivalutazione del passato ottomano è funzionale alla strategia di Erdogan di conquista di consensi tra le popolazioni arabe, fondata sulla esaltazione delle comuni radici islamiche e la condanna delle politiche di Israele.

 

I sauditi rispondono con “Regni del fuoco” che da alcune settimane riscuote grande successo. I 15 episodi di questa serie tv, realizzati con un investimento di 40 milioni di dollari (con una partecipazione anche degli Emirati arabi) e girati sotto la direzione del regista britannico Peter Webber (“Girl with a Pearl Earring” e “Hannibal Rising”) dipingono l’impero ottomano come una forza occupante per secoli delle terre arabe che si sarebbero liberate solo il secolo scorso di un sistema di controllo brutale. “Regni del fuoco” narra la sconfitta dei Mamelucchi da parte del sultano ottomano Selim che nel 1517 costrinse Mutawakkil III, ultimo esponente della dinastia abbaside, a cedergli il titolo di califfo.

 

Per i media sauditi e quelli egiziani la serie tv mostra il vero volto degli Ottomani. E a Riyadh non manca chi ricorda come i sultani e i loro comandanti militari abbiamo impedito nei secoli scorsi con la forza delle armi che il patto tra i religiosi wahabbiti e i Saud si tramutasse in un regno molto prima che a pensarci fossero i regali territoriali dei colonialisti britannici. Per i media turchi “Regni del fuoco” ha solo finalità politiche e scarso appeal artistico e televisivo. «Era ovvio fin dal primo giorno che una produzione congiunta tra Arabia Saudita e Emirati, con la sceneggiatura scritta da un egiziano e diretta da un britannico, non poteva essere solo un’opera d’arte, al contrario include un messaggio ben chiaro» ha commentato su Yeni Safak, giornale vicino a Erdogan, Zekeriya Kursun. «Non è difficile – ha aggiunto – indovinare il messaggio trasmesso attraverso questa produzione a coloro che oggi sono a conoscenza delle relazioni tra Turchia, Arabia saudita, Emirati ed Egitto. L’obiettivo principale è quello di ritrarre gli Ottomani come degli invasori nella regione araba e, con un messaggio sottile, affermare che le attuali politiche regionali della Turchia servono allo stesso obiettivo». Secondo Kursun il lancio della serie è coinciso non per caso con l’operazione militare turca “Fonte di pace” nel nord-est della Siria. Qualcuno aggiunge che “Regni del fuoco” è una vendetta per l’offensiva diplomatica lanciata da Erdogan contro Riyadh dopo l’assassinio a Istanbul del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi.