Dice Zingaretti che «nel Pd abbiamo discusso sei mesi per cambiare una pessima legge elettorale maggioritaria e ora c’è un punto di approdo, un proporzionale con forte spinta verso la correzione maggioritaria. Non è che ogni mattina noi ripartiamo da zero». Deve dirlo, sorvolando sul fatto che la «pessima legge maggioritaria» l’ha voluta il Pd tre anni fa, perché le conseguenze della vittoria del Sì al taglio dei parlamentari non sono state quelle da lui stesso promesse. La riforma della legge elettorale, infatti, invece che accelerare rallenta, e riprendono quota gli avversari del proporzionale. O semplicemente i critici della bozza Brescia, il testo adottato come base per il lavoro della prima commissione alla camera. Prima di un paio di settimane non cominceranno i voti sugli emendamenti. Il che vuol dire che lungi dall’approdare in aula entro fine settembre (il che avrebbe consentito di accelerare i lavori a ottobre) la legge elettorale sbarcherà in aula a ridosso della sessione di bilancio. Che quest’anno comincerà proprio alla camera. Dunque prima del 2021 non si comincerà a fare sul serio.

Caduta la necessità di giustificare il Sì al referendum con un contesto di riforme e contrappesi, questo ritmo lento in realtà non dispiace al Pd. Che vede il rischio di complicare la navigazione del governo con uno scontro immediato sulle regole del voto. E guarda all’estate del 2021, quando comincerà il cosiddetto semestre bianco che sigilla la legislatura fino all’elezione del nuovo capo dello stato (gennaio 2022) come il periodo migliore per portare a compimento la riforma.

Il testo Brescia è infatti un libro parzialmente da scrivere. Nulla dice sul metodo di selezione dei candidati, confermando così le liste bloccate che sono previste oggi per la parte proporzionale. Ma i 5 Stelle vogliono cancellarle, per introdurre le preferenze (una passione recente per i grillini). Il Pd è contrario, Leu che pure accoglie la serietà del tema è preoccupata dei rischi di una campagna elettorale con le preferenze: com’è noto finisce per produrre una sfida tra candidati all’interno delle liste, particolarmente rischiosa con i nuovi collegi molto grandi. Il capogruppo di Leu alla camera Fornaro apre ufficialmente un altro fronte, quello della soglia di sbarramento, preannunciando un emendamento per abbassarla al 4%. In questo caso sono i 5 Stelle a essere contrari.

Il quadro è sufficientemente complicato, ma va aggiunto il particolare che il governo, dopo la vittoria del Sì al taglio dei parlamentari, è obbligato a modificare i collegi elettorali entro due mesi. Se non ci sarà un’altra legge elettorale nel frattempo – com’è evidente – dovrà farlo sulla base del sistema in vigore, la «pessima legge maggioritaria». Legge che però conviene a Salvini e Meloni e, dall’altra parte, garantisce i più piccoli visto che ha la soglia del 3%. Il rischio che andando troppo avanti diventi una legge difficile da superare c’è. Non c’è bisogno di immaginare un’azione di disturbo degli anti proporzionalisti del Pd: le difficoltà della maggioranza sul testo Brescia sono oggettive. «Non c’è alcuna rimonta dei favorevoli al maggioritario, il Pd ha votato in direzione il modello proporzionale a soglia alta e da lì non si muove», garantisce una fonte dem che segue la materia. Ma il difficile sarà far muovere la legge.