Il dl Sostegni, tenuto troppo a lungo al palo dalle divisioni nella maggioranza, è finalmente operativo. Non basterà. Lo si sapeva da settimane e Mario Draghi lo ha confermato ieri. Pensato quando il governo di allora prevedeva che la fase peggiore dell’emergenza si esaurisse nei primi mesi dell’anno è nato già superato dagli eventi. Il prossimo decreto arriverà in aprile, dopo che verrà votato un nuovo scostamento di bilancio ancora da quantificare.

SULLA CIFRA ieri il premier ha glissato: «Dipenderà dalle circostanze». Le voci dal governo parlano di venti miliardi, ai quali secondo il forzista Antonio Tajani si potrebbero aggiungere gli «avanzi» degli scostamenti precedenti. Non saranno sufficienti. Matteo Salvini chiede già uno scostamento pari a tre volte tanto e probabilmente dal Movimento 5 Stelle saranno di parere simile. Si riprodurrà così l’asse 5 Stelle-Lega saldatosi venerdì, nella tempestosa vigilia del consiglio dei ministri sulle cartelle esattoriali.

SI PUÒ STAR CERTI, comunque, che di scontri ce ne saranno an cora parecchi, perché la coperta per quanto Draghi la tiri sarà sempre troppo corta. Ogni forza politica cercherà di garantire gli interessi della fasce sociali che ambisce a rappresentare. E questo è naturale, ma lo scontro di venerdì rivela che è iniziata la battaglia tutta politica per mettere il cappello sul governo, condizionarne le scelte e offrirne l’immagine per i propri vantaggi.

ENRICO LETTA, DECISO a scalzare Salvini nel ruolo di primo sostenitore del governo, va giù con l’accetta: «Bene Draghi. Bene i ministri. Molto male che un segretario di partito tenga in ostaggio per un pomeriggio il consiglio dei ministri (senza peraltro risultati). Pessimo inizio Salvini». Il Pessimo risponde a stretto giro: «C’è chi pensa allo Ius Soli e chi ad aiutare gli italiani. Basta con le polemiche, Enrico stai sereno». Ma la battuta al curaro non basta. Anche per il capo leghista il problema è imporsi all’opinione pubblica come vero pilastro del governo Draghi. Nel pomeriggio dunque decide di tornare sull’argomento: «Lavoro benissimo con il presidente Draghi. Stiamo maturando una conoscenza personale quasi quotidiana. Anche ieri abbiamo trovato una posizione positiva».

LO SCONTRO sulle cartelle si è giocato essenzialmente sul terreno politico e simbolico. Ed è eloquente il fatto che proprio il Partito democratico sia stato quasi fino all’ultimo favorevole al condono. Salvo poi sterzare in dirittura di arrivo, quando Letta si è reso conto che politicamente la vittoria su questa misura sarebbe stata tutta della destra e che l’immagine del Pd ne sarebbe uscita ammaccata. La battaglia contro il condono l’hanno fatta in queste settimane soltanto LeU e i sindacati, anche se non si trattava di una voce particolarmente centrale nell’economia generale del decreto.

LA MEDIAZIONE imposta da Draghi (che a un certo punto avrebbe anche alzato i toni rispondendo alle obiezioni della Lega e Forza Italia: «Ma in questo modo si premierebbe l’evasione») è ragionevole. Non solo per il tetto di 30 mila euro di reddito nel 2019 fissato, ma soprattutto perché limitando gli anni interessati al 2000-2010 invece che al 2000-2015 si garantisce il fatto che la stragrande maggioranza delle cartelle condonate saranno quelle inesigibili.

POLITICAMENTE tuttavia il solo fatto che si possa parlare di condono suona come una vittoria per quanto contenuta e millantata della destra. La nuova politica all’offensiva di Letta cercherà di recuperare con il prossimo decreto. Un paio di punti chiave dovrebbero in realtà mettere tutti d’accordo. Senza ripristinare il credito di imposta almeno sugli affitti, moltissimi esercizi, e in particolare quelli più penalizzati dalle chiusure come i ristoratori, si vedranno costretti ad abbassare la serranda per sempre. Altrettanto indispensabili dovrebbe essere le perequazioni che erano state promesse dal governo Conte Bis e poi erano sfumate di fronte al peggioramento dell’emergenza e alla conseguente necessità di stanziare una cifra più rilevante, 11 miliardi, per ristori e sussidi.

NEL VERTICE di maggioranza di alcuni giorni fa Draghi e il ministro dell’economia Daniele Franco avrebbero promesso di sanare il dislivello tra le imprese che hanno sin qui ottenuto aiuti superiori al dovuto e quelle che pur in stato di effettiva necessità sono rimaste a bocca asciutta. Tuttavia, a parte queste che dovrebbe essere certezze, tutto il resto, a cominciare dai nuovi aiuti alle imprese più grandi, sarà oggetto di contesa.