Potrebbe sembrare un film come tanti. L’ennesima analisi formalmente composta e non priva di un certo vittimismo che fotografa la condizione femminile nel Marocco di oggi, con una giovanissima donna preoccupata di occultare la sua gravidanza per timore delle sanzioni previste per legge e l’inesorabile calvario che passa attraverso menzogne e paure, rifiuti e giudizi morali. La ragazza, appartenente a una famiglia benestante, non è sposata e i precetti islamici prevedono tuttora pene severe (fino a un anno di reclusione) per chi pratica il sesso fuori dal matrimonio. Bisogna trovare una soluzione. Non importa quale sia il prezzo da pagare, né chi dovrà farne le spese.

MA SOLO in apparenza Sofia, film di esordio della regista marocchina di formazione europea Meryem Benm’Barek, premiato lo scorso anno al Festival di Cannes per la migliore sceneggiatura nella sezione Un Certain Regard, si colloca sotto l’etichetta del «gender equality» e di un certo cinema di denuncia sociale. In realtà Meryen Benm’Barek scava parecchio a fondo e con sguardo lucido e spietato, sia all’interno degli equilibri familiari che nella società magrebina di cui mette in luce contraddizioni e conflitti irrisolti: il difficile rapporto con la sessualità nonostante gli sforzi per una modernizzazione del Paese, gli interessi economici che prevalgono su qualsiasi principio etico, il rigido sistema di classi che ancora sopravvive, l’ipocrisia, la finzione, come unica possibile soluzione «pubblica» alle onte del privato.

Collocato a metà tra passato e presente, tra conservatorismo radicato e nuove spinte progressiste, tra patriarcato ed emancipazione, Sofia mette in scena un (doppio) conflitto in cui prendono voce due famiglie: una appartenente alla buona borghesia, agevolata sia dalle possibilità economiche che dai legami commerciali e di sangue con la Francia, l’altra di fascia popolare, inevitabilmente destinata a subire i soprusi dei più abbienti.

IN UNA SOCIETÀ divisa in cui nessuno vince e tutti perdono, attraverso un uso inaspettato del cliché e grazie a un twist brillante che capovolge le prospettive piegando il racconto a una declinazione del tutto inaspettata, Sofia stupisce giocando sulle apparenze, smantella i preconcetti comuni sui ruoli di vittima e carnefice e mette in luce le dinamiche di uno scontro sociale e di sessi tutt’altro che pacificato.