Per un’istituzione scientifica rispettata come il Cern di Ginevra, censurare un proprio ricercatore al punto da rimuovere dal sito una sua presentazione è un evento senza precedenti. Eppure, è successo al fisico Alessandro Strumia, quarantanovenne ricercatore all’università di Pisa e collaboratore con il Cern nella ricerca sui neutrini e sulla materia oscura.
Strumia è intervenuto a una conferenza dedicata alla fisica delle alte energie e al problema delle disuguaglianze di genere nella comunità scientifica. Secondo i dati che ha presentato nel suo intervento, le ricercatrici sono mediamente favorite rispetto ai colleghi. Sebbene la loro presenza nei ruoli di vertice sia minoritaria, essa è sovradimensionata rispetto alla quantità di citazioni che ricevono in media le loro pubblicazioni scientifiche, un indice usato per valutare la qualità della ricerca.

SECONDO STRUMIA, la propensione delle donne per le scienze naturali è fisiologicamente inferiore, e le risorse giustificate dalla correttezza politica sono sprecate. Il Cern, diretto da Fabiola Gianotti, ha pubblicato un comunicato in cui ricorda la sua tradizione di apertura e lotta a ogni discriminazione e ha preso le distanze dal suo ricercatore. L’università di Pisa ha aperto un’indagine interna sul ricercatore, massacrato anche sui social. La mancanza di pari opportunità tra ricercatori e ricercatrici è un problema molto sentito soprattutto al livello europeo, tanto da essere un criterio di valutazione nell’assegnazione dei finanziamenti alla ricerca. È frequente, perciò, che in una conferenza internazionale si organizzino sessioni apposite per diffondere maggiore consapevolezza tra gli stessi scienziati. Si moltiplicano le denunce sulle molestie sessuali negli atenei di tutto il mondo, dove sta nascendo un promettente movimento #metoo. Tuttavia, il numero di donne in posti di responsabilità nel mondo accademico è ancora limitato.

LE RICERCHE più recenti dimostrano che i pregiudizi più resistenti non sono quelli espliciti, come quelli relativi a cattedre e concorsi, ma quelli impliciti di cui gli scienziati stessi (donne incluse) non sono consapevoli. Dunque, usare le citazioni bibliografiche su cui pesano proprio questi pregiudizi impliciti, come un dato oggettivo per misurare i presunti favori alle donne in materia di concorsi è un metodo piuttosto discutibile. D’altronde, anche le teorie sulla propensione innata alla scienza sono ormai universalmente declassate al ruolo di «pseudo-scienza».
Ha colpito tutti che Strumia abbia citato un caso personale: un concorso in cui due organizzatrici della conferenza, le fisiche Silvia Penati e Anna Ceresole, avrebbero penalizzato Strumia in quanto «maschio». Per illustrare il problema della scarsa trasparenza nei concorsi, Strumia avrebbe potuto citare un altro episodio, il concorso da lui vinto nel 2006: a giudicarlo idoneo per il posto da professore associato fu una commissione presieduta dallo stesso docente con cui Strumia aveva conseguito sia la laurea che il dottorato di ricerca.