Dopo lo strappo sul Mes, con un no tondo annunciato a sorpresa in conferenza stampa, Conte ingrana una mezza retromarcia. «Ho solo risposto a una domanda, la questione non è risolta. Anzi anticipo che ritengo opportuno un confronto per definire le priorità in vista di un Patto di legislatura». Quando? «Dopo gli Stati Generali del M5S». Che fosse quello il confine cronologico era noto. Il tacito accordo era rispettare un minuetto, con il Pd favorevole al Mes ma sottovoce e il premier che evitava di prendere una posizione netta. Perché Conte abbia deciso di rompere l’equilibrio al Nazareno se lo chiedono tutti, senza dare risposta.
Sbigottimento dunque ma soprattutto rabbia. Da uno a 100 l’irritazione del Pd è arrivata a 150. Il no chiaro e sprezzante al Mes è suonato come uno schiaffone affibbiato senza ragione, forse un modo goffo per ribadire che lo scettro è solo nelle sue mani. In prima battuta, domenica sera, il Pd, con la sola eccezione del capogruppo Marcucci che è un caso a sé, si è trincerato in un gelido silenzio, senza commentare il nuovo dpcm. Ieri mattina ha dato fiato alle trombe. Intervengono tutti. Il capo dei deputati Delrio è secco: «Non bastano battute per cambiare il percorso deciso dalla maggioranza. Non sono d’accordo con quanto ha detto Conte e sul riferimento a tagli e tasse se dovessimo usare il Mes». Zingaretti rincara: «Un tema così importante non va affrontato con una battuta in conferenza stampa ma insieme e nelle sedi opportune». Renzi, contento perché il dpcm ha evitato chiusure, molto meno per il no al Mes, attacca a sua volta: «È un errore politico».

Conte, avvertito in anticipo dell’uscita del segretario del Pd, capisce l’antifona e corregge. Ma il danno è fatto. Non solo per lo sgarbo clamoroso ma per i toni autoritari e sprezzanti, «parliamone, così ce lo togliamo da davanti», e per il confuso discorso con cui ha giustificato la sua posizione, in particolare proprio il passaggio del tutto peregrino e infondato sulla necessità di aumentare le tasse e tagliare la spesa sociale se si prendesse il Mes.

Certo il Pd sul tema si muove con i piedi di piombo, anche perché deve fare i conti con il ministro dell’Economia, che in tema di Mes la pensa come Conte, e con un quadro internazionale che supporta la linea del premier. Spagna e Portogallo, oltre che al Mes, si avviano a decidere di rinunciare anche alla quota del Recovery Fund in prestito, accontentandosi di quella a fondo perduto. È una strategia da alcuni punti di vista azzardata. I due Paesi iberici, come l’Italia, contano infatti sui tassi molto convenienti, che derivano però non dalla forza delle rispettive economie ma dal sostegno della Bce. Il cui board potrebbe non gradire una politica spregiudicata che rifiuta gli aiuti europei contando sulla Banca centrale europea.

Ma il Mes in sé è un problema minore rispetto allo strappo che si è consumato tra palazzo Chigi e il Nazareno. Sin qui il Pd aveva fatto muro contro le richieste di rimpasto, formula diplomatica per alludere alla sostituzione di Conte. Ieri, per la prima volta, i toni erano ben più minacciosi. È vero che il premier ha moltiplicato di colpo la sua popolarità tra i 5 Stelle, che ieri tripudiavano: «Non possiamo che concordare con Conte. Il M5S è il perno di questa legislatura e rimaniamo contrari all’uso» del Mes. In parte, probabilmente, proprio questo era l’obiettivo del presidente del consiglio. Che in compenso si è fatto nuovi nemici. «Se pensa che ce lo scorderemo sbaglia di grosso», sibilavano ieri nei ranghi del Nazareno.

Anche il dpcm, completamente vuoto, è stato uno schiaffo per il Pd che insisteva per misure drastiche. Qui l’irritazione è però più contenuta. Perché comunque il premier è tornato indietro sulla linea iniziale di non fare niente anche ufficialmente, spalancando così le porte a un vero dpcm. Che non tarderà ad arrivare. I sindaci dei comuni capoluogo della Lombardia e il presidente Fontana chiedono il coprifuoco dalle 23 alle 5 in tutta la regione e la chiusura dei centri commerciali nei weekend. I dati del contagio, mai negativi come ieri, faranno purtroppo il resto.