Si intitola La Guerra dei Meme – Fenomenologia di uno scherzo infinito (effequ, pp. 186, euro 14) ed è un saggio di Alessandro Lolli che verte appunto su quelle immagini buffe e spesso accompagnate da un testo a caratteri cubitali circolanti sulle pagine social e nel resto del web, in modo caotico e virale.

NELL’ERA DI TRUMP, dove gruppi di utenti di Reddit finiscono per trasformare un general intellect in un contributo alla campagna elettorale di un candidato per la Casa Bianca (poi vincente), non resta che prendere la cosa seriamente.
Lolli parte da Richard Dawkins e dal suo saggio Il gene egoista, nel quale nel 1976 il biologo formula il concetto di meme culturale riconoscendo la nascita del fenomeno a ben prima di internet: nelle leggende metropolitane, nell’arte, nella musica. Ma se nell’82 nascono i primi smiles, le faccine composte da punteggiatura, che Lolli considera come i primi meme di Internet citando un paper di Linda Börzsei, è negli anni 2000 che sono apparsi, si sono fatti immagini sui nostri schermi, diffondendosi su tutti i livelli di comunicazione fino a diventare oggetto di studio dei colossi del marketing.
Gattini in situazioni buffe, cani o muppets con sfondi colorati e pinguini alle prese con gli imbarazzi della vita quotidiana hanno dato il via alla sconfinata produzione delle macro: meme che si re-inventano oltre a riprodursi, fornendo un caso di morte dell’autore, dove il realizzatore originale viene dimenticato nelle varie riproduzioni via via modificate dell’immagine, spesso seguendo un processo iterativo di ironia e trolling che finisce per generare levels of irony via via più criptici.

I MEMERS, chi sta dietro ai meme, sono utenti spesso organizzati in comunità su piattaforme, originariamente come Reddit o 4chan, per poi passare più recentemente a facebook, un passaggio nel quale l’anonimato online ha dovuto fare i conti con la policy di un social che per la prima volta imponeva l’uso del nome proprio. Lolli infine arriva alla guerra di cui parla nel titolo, o meglio le guerre, politiche e culturali di cui i meme sono vettori.

SE GLI AUTIST e i normie riproducono tra memers l’infinita contesa culturale tra underground e mainstream, è l’uso politicizzato di alcuni meme, tra tutti Pepe The Frog, che getta le basi per la nascita del fenomeno dell’Alt-Right, e che offre terreno di analisi sul rapporto tra mondo nerd e ideologie reazionarie, passando per riferimenti anche cinematografici come V per Vendetta, che ha regalato ad Anonymous la maschera-simbolo insieme a tante ambiguità, o il caso di Matrix e delle sue pillole, caso esemplare di come un immaginario composto da uno sterile anti-conformismo possa essere utilizzato in direzione reazionaria.
Uno scenario che ci impone di interrogarci sulle nuove forme comunicative, perché «sarebbe un peccato abbandonare lo scherzo infinito alle grinfie dei fascisti, e poi perché vogliamo ridere pure noi».