L’esito delle prossime elezioni non è scontato. È vero che i sondaggi dei diversi istituti si sono avvicinati ed i voti ai partiti abbastanza stabilizzati, ma ci sono alcuni fattori che potrebbero riservare sorprese.
Il primo è costituito dai mutamenti nel corpo elettorale.

Dopo decenni di sostanziale stabilità degli schieramenti, il corpo elettorale è stato scosso da un terremoto sulle cui macerie è nata la new town M5S-Lega. Ma essa è soggetta a continue scosse di assestamento e l’elettorato vive una situazione di instabilità permanente.
Il secondo fattore è costituito dal fatto che essendo le due formazioni di recente e disomogeneo radicamento, non c’è una relazione stretta tra voto locale, nazionale e sovranazionale.
Queste elezioni europee presentano un grado di incertezza elevato perché tra affluenza bassa ed alta si stima che alcune formazioni possano guadagnare tre punti ed altre perderli (ed è questo che spinge Lega e M5s a radicalizzare posizioni e tratti identitari per richiamare al voto i propri elettori).

Il terzo fattore è implicito nella natura stessa dei sondaggi. Il mix tra accresciuta mobilità degli elettori, nuovi soggetti e nuovi leader e la novità di una contratto tra alleati che sono anche in forte competizione tra loro, attenuano i tassi di fedeltà e fanno dipendere sempre di più l’esito dei sondaggi dagli stati d’animo temporanei.
Si crea, così, una spirale tra sondaggi e comportamenti delle forze politiche in cui gli uni influenzano gli altri generando un inseguimento a chi ha l’ultima parola e il primo titolo. E indebolendo la relazione tra intenzione di voto manifestata nel sondaggio e voto reale espresso nell’urna.
In sostanza con tre punti che ballano per mobilità, altri per diverso radicamento e grado di fedeltà, altri ancora per affluenza al voto, la partita rimane aperta fino all’ultimo minuto.
Per l’insieme di questi fattori il voto del 26 potrà registrare qualche differenza rispetto agli ultimi sondaggi

Potrebbe accadere che l’eccesso di sovraesposizione muscolare tra i due leader motivi alcuni loro elettori, ma ne allontani altri, che elettori moderati vengano scoraggiati dalla forte impronta di destra che Salvini ha impresso alla Lega, che elettori di sinistra che Di Maio pensa di richiamare col suo ritorno alle origini restino scettici…
Se questi due fenomeni dovessero manifestarsi, in presenza di un Pd che ha uno zoccolo del 20% più stabile e una più spiccata vocazione europea, le incertezze potrebbero tradursi in minori consensi a Lega e M5s e maggiori consensi al Pd.
Questo può spiegare un certo attendismo presente nel Pd insieme alla speranza – manifestata esplicitamente da Calenda e Gentiloni – che dalle elezioni possano sbocciare i germi di una formazione di centro liberale tipo Ciudadanos con la quale allearsi.

Vedremo tra giorni risultati, effetti e prospettive. Quel che è certo è che sarebbe un peccato se, per pochi voti, la lista de La sinistra non raggiungesse il 4% perdendo tre o quattro seggi che finirebbero per spalmarsi tra Lega, M5s e Pd. Non solo per l’assenza dal parlamento europeo, ma perché se a sinistra del Pd non si afferma una presenza autonoma ed unitaria, radicale e riformatrice, rossa e verde, con una forte attenzione ai temi del rinnovamento della politica, della giustizia sociale e distributiva, della progressività fiscale e della redistribuzione del lavoro e dei redditi, un pezzo di società non sarà rappresentata.
Il Pd sta confermando che intende coprire un altro spazio, più centrale, necessario ma diverso. Quel pezzo di società sarebbe abbandonato all’astensionismo o alle sirene dei populismi. Cui prodest?