Marco Buratti, Rossini e Max sono a caccia. La preda è Giorgio Pellegrini, il personaggio, come d’altronde gli altri tre, creato da Massimo Carlotto che nelle intenzioni dello scrittore incarna il «male assoluto». Giorgio Pellegrini è, infatti, un sadico che umilia e talvolta uccide le donne, ma è anche l’uomo che, tornato da un esilio forzato per i suoi trascorsi di militante extraparlamentare, ha gettato alle ortiche il passato, diventando un criminale dei tempi presenti.

FA AFFARI CON LE MAFIE internazionali, è in combutta con politici e professionisti corrotti e protagonisti di appalti truccati, riciclaggio di denaro sporco, traffico di rifiuti tossici. Buratti, Rossini e Max hanno promesso di farlo fuori per quello che ha fatto nella sua nuova vita. I tre costituiscono una «banda» che si muove al di fuori della legalità costituita, mossa tuttavia da un concetto di giustizia con non coincide con la legge, perché corrisponde a una visione dell’umano vivere dove non c’è posto per la sopraffazione e lo sfruttamento. Per questo pensano che giustizia vada fatta, togliendo di mezzo Giorgio Pellegrini. Si spostano quindi in Austria, dove il «ricercato» si è rifugiato dopo essere scampato per un pelo alla morte per mano dei tre protagonisti di questo nuovo romanzo di Massimo Carlotto.

IL TITOLO CALZA A PENNELLO per i personaggi di Carlotto: Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane (edizioni e/o, pp. 288, euro 16). Il blues è infatti la colonna sonora dei noir dello scrittore, i cuori fuorilegge sono di coloro che stanno sempre dalla parte del torto, frase che torna spesso in questo romanzo. Marco Buratti è un investigatore privato senza licenza, finito in galera per una storia dove sono forti i sospetti che sia stato incastrato; Rossini è un fuorilegge della vecchia guardia; ne ha fatte di cotte e di crude, ma all’interno di un codice di onore che rispetta e che gli impone di non fare affari con narcotrafficanti, sfruttatori della prostituzione, mafie varie e politici collusi con la criminalità organizzata. Max è invece un militante del movimento che ha provato assieme ad altre decine di migliaia di attivisti ad assaltare il cielo.

È caduto facendosi male, cioè finendo in galera grazie a un pentito che mai aveva conosciuto in vita sua. Condivide con i suoi amici una certa visione della giustizia, ma tra i tre personaggi è l’unico che continua a pensare che la politica significhi condividere con altri il bisogno e il desiderio di cambiare la realtà.
Giunti a Vienna, i tre amici riescono quasi ad acciuffare Giorgio Pellegrini, ma non sanno che nel frattempo è diventato un «consulente» del ministero degli interni, che lo usa come possibile infiltrato in una organizzazione criminale che nelle stanze del potere hanno deciso di smantellare perché troppo ingombrante. Conoscono una spregiudicata funzionaria del ministero, li vuol usare per proteggere il «cattivo», minacciandoli di incastrarli e sbatterli in galera assieme a un onesto e integerrimo poliziotto di provincia che, in passato, ha «collaborato» con i tre per mettere fine a una storia di violenza e di malaffare.

DUNQUE UN ROMANZO sul filo del rasoio, scandito da una Vienna apparentemente fuori dai flussi della criminalità organizzata internazionale. Ma sotto la patina di rispettabilità c’è di tutto: narcotrafficanti, traffico di donne, avvocati che garantiscono identità posticce ma pulite a qualche mafioso in fuga. Marco, Rossini e Max sanno che in gioco c’è anche la loro vita. E sfruttano sia le conoscenze che hanno sia i nuovi «strumenti» delle mafie, come gli smanettoni che conoscono bene come muoversi nella rete e nel deep web: raccolgono e diffondono notizie preziose per aiutare un «amico» o screditare un nemico.

L’ITALIA È SULLO SFONDO. Un paese alla deriva, ostaggio di un sistema politico difficile da distinguere dalla criminalità organizzata e da una società impoverita, triste, ripiegata su se stessa, quasi in attesa di una «apocalisse» rigenerativa. Non se la cavano bene neppure gli altri paesi. L’Austria è marcia, anche se la sua putrefazione è coperta da un patina di rispettabilità. Il resto dell’Europa? Meglio lasciare perdere. Dopo la breve stagione che vagheggiava un continente federalista è tornata a essere uno spazio segnato da egoismi nazionali e da una feroce logica di potenza di questo o quel paese.

Come sempre accade nei romanzi di Massimo Carlotto, il noir non è un genere neutro. Allo scrittore serve per tessere trame avvincenti di storie più o meno criminali, ma anche per raccontare lo stato delle cose. E come accade in alcuni suoi romanzi, il disincanto e il cinismo si fanno largo tra le pagine, quasi a diventare i sentimenti dominanti di questo inizio millennio. Illuminante è il personaggio della funzionaria di polizia: arrogante, presuntuosa, che si muove come se lo Stato fosse una cosa sua, come se l’operato della polizia fosse al di sopra di tutto perché garante della ragion di stato.
Tutti sono da trattare come sudditi, cioè oggetti da sacrificare, manipolare, ricattare. Dovrà ricredersi delle sue granitiche convinzioni. Ma solo per un breve periodo. Un romanzo con finale aperto, come è consuetudine per una storia che vuole registrare lo stato delle cose, avvertendo che queste ultime si muovono, cambiano. E che la caccia al male continua, indipendentemente se indossa altri volti da quelli noti.