«Mia cara mamma, sei davvero cinica nel negarmi riparo a Villeneuve. Non darei scandalo come tu immagini. Riprendere l’esistenza normale mi darebbe una gioia tale che non farei nient’altro. Non mi muoverei neppure, tanta è stata la sofferenza». Sono le prime parole che Camille Claudel scrive alla madre nel 1927 dal manicomio di Montdevergues, dove resterà rinchiusa fino alla morte avvenuta il 19 ottobre 1943, dopo essere stata ospite di Ville-Evrard fin dal 1913. Il suo nome è indissolubilmente legato a quello di Auguste Rodin, tanto che le sue opere sono ospitate nel grande museo di Parigi dedicato allo scultore. Solo da poco si è inaugurato un museo tutto per lei a Nogent-sur-Seine dove ha trascorso l’adolescenza e ha creato le prime opere in argilla. La sua preoccupazione di «dare scandalo» risponde al turbamento della famiglia borghese quando ha saputo dei suoi rapporti con Rodin, il suo deplorevole contegno nascosto dietro la collaborazione di lavoro. Anche suo fratello Paul Claudel, scrittore e console per la Francia in molti paesi del mondo fino alla Cina e più tardi ambasciatore a Washington, l’unico che le era stato molto vicino, quando si converte al cattolicesimo diventa un feroce accusatore anche se negli anni il suo atteggiamento si ammorbidirà. Ma purtroppo il male di Camille, acuito dall’abbandono dell’amante e dalla morte del padre, sarà tale da renderla pericolosa per sé e per gli altri. La sua mania di persecuzione, il sospetto di una minaccia che può venirle da tutti la fa chiudere in se stessa, la fa vivere nella sporcizia, la fa distruggere le sue ultime opere, fino a non volerne fare altre. Se la vita dell’artista non era stata sempre così, le ragioni del suo squilibrio sembrano venire da lontano. Una madre castrante che non perde occasione per rimproverarla preferendole la più docile Louise, di due anni più giovane e già sulla strada del conformismo. Un padre invece che la idolatra e raccoglie le più piccole note sul suo successo. Un fratello a cui è troppo attaccata e che prova a sua volta per lei un affetto morboso. Un amore infelice , quello per Auguste Rodin, violento, esclusivo, venato da gelosie professionali e soprattutto avvelenato da un’insicurezza di fondo, perché lui, molto più anziano e legato fin dagli anni della povertà a Rose Beuret, non si sentirà mai di lasciarla.
Camille nasce l’8 dicembre 1864 a Fère-en-Tardenois, una cittadina tra i campi e le colline dello Champagne. Ma ben presto la famiglia si trasferisce perché il padre curatore delle Ipoteche cambierà molte volte sede. È molto legata a Louis-Prosper Claudel di cui lascia un ritratto che mostra due occhi sorridenti su un lungo naso sottile, una corta barba bianca, la mano che impugna con grazie la matita e l’espressione intelligente e sensibile. Fin da bambina il suo tesoro è l’argilla, la preziosa argilla rossa che gli operai trasformano in tegole, con cui fa i visi dei suoi coetanei, se riesce a persuaderli a posare per lei. Quando i Claudel si trasferiscono a Nogent-sur-Seine, l’opera di Camille attira l’attenzione dello scultore Alfred Boucher, il primo a capire che dovrebbe frequentare una scuola d’arte. Ma ne esistono solo a Parigi. Le suppliche appassionate di Camille e la sua forte volontà riescono a convincere il padre, che resterà a Wassy-sur-Blaise.
LE BELLE ARTI
Così nel 1881 la signora Claudel si trasferisce con i tre figli a Parigi. Però l’Ecole des Beaux –Arts è preclusa alle donne in quanto non possono accedere ai modelli nudi dal vivo. Solo l’Accademia Colarossi le accetta, ma per loro il mestiere dello scultore sarà sempre un lavoro molto duro. L’argilla, il marmo, l’onice pesano e la proibizione di portare i pantaloni le costringerà a arrampicarsi sui ponteggi con le lunghe gonne che s’impigliano nella struttura. Camille trova in Rue Notre-Dame-des-Champs, vicino a casa, il suo primo atelier che affitta con altre artiste inglesi di cui resterà amica per tutta la vita. Da qui passa spesso Boucher che continua a darle i suoi preziosi consigli. È proprio lui che nel 1882 la presenta a Rodin per l’impressionante affinità delle loro opere. Il maestro riconosce subito le qualità della giovane e l’accetta come aiutante, modella e allieva nel suo atelier Dépot des Marbres. Alcuni lavori di Camille risentono l’influenza di Rodin, come l’«Homme penché», che nella contorsione del busto e nella resa espressionistica della muscolatura ricorda il suo «Penseur».
ESPOSIZIONI
Nel 1883 espone per la prima volta al Salon des Artistes Français e continuerà a farlo fino al 1889 per passare poi alla Société Nationale, l’esposizione concorrente fondata nel 1890. Le opere di Camille risentono da vicino i suoi stati d’animo, si potrebbero definire il suo diario, con i momenti di gioia, di tristezza, di disperazione, fino all’afasia finale. Il busto di suo fratello Paul a sedici anni vestito da antico romano, in gesso patinato e poi in bronzo, con lo sguardo intenso, l’espressione leggermente corrucciata, mostra la vicinanza tra di loro e il grande rispetto intellettuale che provava per lui. «Sakountala», dal nome dell’eroina di un dramma indù, rifatto in varie versioni, terra cotta e bronzo, scolpito durante la relazione con Rodin, manifesta l’amore ritrovato con le due figure abbracciate disperatamente, ma già come corrose dall’inquietudine. La scultura ha molto successo al Salon e riceve una medaglia d’onore perché esprime un profondo sentimento di tenerezza appassionata ma casta, un fremito e un ardore contenuto, quasi un lamento soffocato. Nel busto «Portrait d’Auguste Rodin», lo scultore dimostra molto di più dei suoi quarantaquattro anni, sembra un vecchio dalla folta barba, una figura paterna severa ma affettuosa. L’amplesso di «La Valse» ha una storia complicata. Se per l’artista è il tentativo di cogliere la vita nel suo movimento, nella trasformazione, nell’equilibrio precario di un legame tormentato, per i possibili committenti è troppo esplicito. I due corpi nudi, il cui movimento è sottolineato dalla leggerezza della lunga gonna, scandalizza l’ispettore del Ministero delle Belle Arti, a cui Camille aveva chiesto di ottenere del marmo, che è turbato dalla vicinanza dei sessi e dal violento realismo. Per lo scrittore Jules Renard, invitato a cena da Paul nell’atelier di Camille dove troneggia «La Valse» in bronzo, la coppia sembra voler andare a letto e finire la danza con l’amore.
L’ISLETTE
Nel 1892 Camille capisce che per essere trattata da vero scultore deve allontanarsi da Rodin. Sa bene d’altra parte che lui non vorrebbe mai prendere una decisione, ma che alla fine sceglierà Rose. È lei allora che si allontana. Durante l’estate va a l’Islette, dove erano già stati insieme e, tornata a Parigi, scrive all’amante-patron che la loro relazione è finita. Quando lascia l’atelier di Rodin è amareggiata e ferita, ma è proprio questa ferita che la rende ancora più determinata a farsi riconoscere come scultrice. Vive ormai solo per la sua arte e questi saranno gli anni più fecondi della sua carriera. Si sa di certo che Camille è ricorsa all’aborto e probabilmente si è recata a l’Islette per rimettersi in forze. Forse per ricordare il bambino perduto lavora al busto di una fanciulla dall’espressione intensa, gli occhi febbrili, con una grossa treccia sulla schiena, «La petite chatelaine» che rifarà in molte versioni.
Al Salon del 1893, Debussy, che era diventato amico di Camille, è impressionato da «Clotho», la Parca che tesse i destini degli uomini. Per sottolinearne l’aspetto terrorizzante l’autrice ne ha fatto una vecchia segnata da profonde rughe, il corpo scheletrico, aggrovigliata nei fili delle vite che tesse. Come un ragno imprigionato nella sua tela, cerca di liberarsi della matassa che le cade intorno e le copre la faccia avvizzita. La statua è sparita e negli anni del delirio Camille accuserà Rodin di avergliela rubata. Il gruppo di «Les Causeuses», che in onice e bronzo descrive l’intimità di donne che chiacchierano tra di loro, suscita l’ammirazione dei critici che definiscono la scultrice «una grande e meravigliosa artista, qualche cosa di unico, una rivolta della natura: la donna di genio». Quando Camille va alla mostra di Ginevra dove la scultura è esposta assieme alle opere di altri artisti, è presente anche Rodin. Al ritorno le scrive una lettera che esprime tutto l’amore che prova ancora per lei: «Mia sovrana, mia amica, sono ancora malato e tuttavia, se devo guarire, adesso guarirò perché l’avervi incontrata al vernissage è per me l’inizio di una consolazione che mi restituirà la salute». Al Salon del 1897 presenta «La Vague». Nonostante la scultura abbia la stessa ispirazione di «Les Causeuses», l’onda che si piega, minaccia o protegge?, le tre piccole donne intente a giocare nell’acqua rivela l’influenza di Hokusai, il pittore giapponese che ammirava molto. Ma i suoi eterni problemi economici le impediscono di continuare un’opera appena iniziata. Sarà Rodin, che comunque segue da lontano le sue vicende, a indurre il Ministero a erogarle duemilacinquecento franchi per realizzare in gesso «L’Age mur», poi rifatta in bronzo. L’uomo e l’anziana donna sono aggrovigliati in un implacabile destino, mentre la giovane implorante allunga le braccia verso la mano dell’uomo incerto se afferrarla. In Camille non esiste mai quiete o abbandono, ma sempre atteggiamenti estremi. Sullo sfondo della grande rivoluzione impressionista, si lascia alle spalle gli ultimi sussulti del romanticismo e cerca una modernità più intensa, conflittuale, tormentata. Cerca di cogliere l’emozione mentre il processo è ancora in corso, si affaccia sull’abisso senza mai pronunciare la parola fine.