Se lo Stato non ti vede, di sicuro la musica ti ascolta. Chissà, potrebbe essere questa la parola d’ordine per le decine di migliaia di giovani nati in Italia da genitori stranieri o arrivati nel nostro Paese da piccoli e che, pur essendo italiani a tutti gli effetti, ancora si vedono negare un diritto fondamentale come la cittadinanza. Molti di loro, però, adesso hanno un’occasione per farsi sentire, nel vero e proprio senso della parola. Ideato dalla Fondazione Arezzo Wave, parte infatti il primo concorso per band in cui sia presente almeno un italiano di seconda generazione. Un’occasione per cominciare a stilare un primo censimento di queste nuove formazioni musicali, ma anche un impegno per sollecitare la politica a mettere finalmente mano alla riforma della cittadinanza visto che, ancora una volta, la società dimostra di saper camminare più velocemente del Palazzo.

Non a caso gli organizzatori hanno pensato di chiamare l’iniziativa «Ius soli, la (nuova) regione musicale d’Italia». «L’Italia è cambiata per il contributo economico dato dagli immigrati e perché le nostre scuole sono piene di bambini stranieri – spiega Khalid Chaouki, deputato Pd di origine marocchina presente ieri all’iniziativa -. Ma anche perché i nuovi italiani non chiedono solo nuovi diritti, ma partecipano direttamente alla vita culturale e musicale del Paese».

I gruppi interessati hanno tempo fino al prossimo 15 aprile per iscriversi collegandosi al sito www.arezzowave.com e inviando due brani originali (non sono ammesse cover né tribute band), una biografia della band con foto allegate e una scheda tecnica. I gruppi migliori verranno selezionati e il vincitore, oltre alla possibilità di esibirsi a luglio sul palco del Festival, potrà gareggiare per suonare anche al festival di New York. «Sono 28 anni che il festival valorizza nuovi talenti italiani, e fino a oggi le iscrizioni sono state ben 37 mila», racconta Mauro Valenti, presidente di Fawi. «Sempre più nei gruppi ci sono gioani stranieri nati in Italia o che ci vivono e per questo abbiamo pensato che era arrivato il momento di dare anche a loro un’occasione. Così abbiamo ideato Ius soli».

Sono quasi un milione i minori stranieri presenti nel nostro Paese (per la precisione 993.238), in pratica uno ogni dieci minori italiani, e vivono soprattutto nelle regioni centro-settentrionali. Di questi quasi il 60% è nato in Italia e il 21% vi è arrivato nei primi 5 anni di vita. Da molti mesi ormai in parlamento si discute di una possibile riforma della cittadinanza senza però approdare mai a nulla di fatto, e questo nonostante tutte le forze politiche, fatta eccezione per la Lega, si dicano d’accordo sulla necessità di superare lo ius sanguinis. Un possibile compromesso potrebbe però essere raggiunto nelle prossime settimane: Pd e Ncd stanno infatti ragionando sul cosiddetto ius culturae, ovvero sul riconoscimento della cittadinanza al termine di un ciclo scolastico. Le posizioni, per ora, restano distanti, con il Ncd che spinge perché la cittadinanza venga riconosciuta solo al termine della scuola dell’obbligo.

Insomma, la solita musica, verrebbe da dire. Musica che nella vita reale è però capace di cambiare, arricchendosi con note e sapori diversi. Senza che nessun stia più a guardare di che colore è la pelle di chi suona e canta. «L’idea è quella di raccontare la normalità di ragazzi che si divertono a suonare insieme. Insomma di vivere la diversità come normalità» aggiunge Zeina Ayache, di YallaItalia.it, nominata «governatrice» della regione Ius soli. Nella speranza, come dice Amir Issa, un rapper di origine egiziana ma italianissimo, «che tra dieci anni non ci sarà più bisogno di evidenziare se un ragazzo è di seconda generazione o no, ma sarà solo un italiano».