L’annus horribilis della Francia, iniziato con gli attacchi a Charlie Hebdo e all’HyperCacher, passato per il massacro del 13 novembre e la proclamazione dello stato d’emergenza, si sta concludendo con il miglior risultato elettorale della storia per il Fronte nazionale: l’estrema destra, per la prima volta in Europa, è sul punto di governare da sola alcune grandi regioni, questa ideologia è passata dal voto di protesta a un voto di adesione.

Al di là dello choc, la più grande incertezza domina sul secondo turno delle elezioni regionali, domenica 13 dicembre, dopo i risultati del primo e la forte astensione, che ha sfiorato il 50% (in calo rispetto al 2010). Il Fronte nazionale è arrivato in testa in sei regioni su 13 della Francia metropolitana, l’estrema destra ha preso 6 milioni di voti, è al 28,4% su base nazionale, ed è in posizione di forza in due regioni, Nord-Pas-de-Calais-Picardie, un ex feudo della sinistra, e in Provenza-Alpi-Costa Azzurra, in agguato in una terza, Alsazia-Lorena-Champagne.

Il Ps, che è ormai solo la terza forza politica francese con il 23,4% (ma mantiene i voti del 2010), e secondo Le Pen sarebbe sull’orlo del «suicidio» per essersi ritirato dalla corsa nel Nord e in Provenza, «salva i mobili» come si dice qui. Domenica potrebbe avere delle buone sorprese: anche se il dato sembra svanire di fronte alla notizia del primo posto del Fn, la «sinistra», Ps compreso, resta l’area politica più votata, con 7 milioni e 800mla voti.

Mentre è la destra Les Républicains (Lr), dietro un secondo posto su base nazionale (26,8%) e 5,9 milioni di voti (che salgono a un po’ più di 7 milioni con i sovranisti di Debout la France), a incassare una sconfitta inaspettata. Malgrado un chiaro spostamento a destra dell’elettorato francese, Lr puntava a conquistare sei-sette regioni. Il voto rimette in gioco la strategia voluta da Sarkozy, se domenica Lr si troverà con un pugno di mosche in mano.

Il Ps, oltre ad avere la quasi certezza di poter rieleggere il presidente in Aquitaine-Limousin-Poitou-Charentes e in Bretagna, dove i candidati socialisti sono arrivati in testa, può sperare di farcela anche in Bourgogne-Franche-Comté, nel Centre-Val-de-Loire, in Languedoc-Roussillon-Midi-Pyrénée (tutte regioni dove il Fn è arrivato in testa) e persino in Normandia, pur essendo al terzo posto. In Ile-de-France non tutto è perso, perché, il candidato Claude Bartolone pur essendo al secondo posto dietro Valérie Pécresse (Républicains), ha una grossa riserva di voti a sinistra (15% tra Verdi e Front de Gauche) nella regione che ha definito «terra di resistenza». Les Républicains potrebbero limitare la vittoria al Pays-de-Loire, dove il Ps paga il braccio di ferro con gli ecologisti per la costruzione dell’aeroporto di Notre-Dame-des-Landes, e, ma non è certo, in Auvergne-Rhône-Alpes, la seconda regione più popolosa e ricca di Francia dopo quella parigina, con l’esponente della destra dura, Laurent Wauquiez.

Oggi dovranno essere presentate le liste per il secondo turno. Ieri Ps e Républicains si sono lacerati sulle scelte. Il Ps ha scelto, già domenica sera e non senza polemiche interne, un atteggiamento «repubblicano», ritirando la lista nel Nord e in Provenza, per cercare di evitare una vittoria Fn, o almeno per non essere accusato di aver favorito la vittoria di Marine Le Pen nel nord e di Marion Maréchal-Le Pen nel sud. Per la prima volta nella sua storia, il Ps non avrà in due regioni nessun eletto per i prossimi 6 anni. La decisione della direzione del partito non è invece stata accettata in Alsazia, dove il Jean-Pierre Masseret si mantiene, perdendo l’etichetta socialista e causando una triangolare che rischia di favorire Florian Philippot del Fn. Les Républicains, su proposta di Sarkozy, hanno scelto «né ritiro né fusione» (con liste Ps, come era stato proposto prima del voto da Manuel Valls per il Nord). Nel partito c’è una forte tensione, anche se in direzione ieri ci sono stati solo due voti contro questa scelta (Nathalie Kosciusko-Morizet e Jean-Pierre Raffarin): i conti all’interno verranno fatti dopo il secondo turno e la destra classica rischia la spaccatura (e Sarkozy l’investitura per le presidenziali del 2017). In Provenza, il candidato Christian Estrosi, in duello con Marion Maréchal-Le Pen, ha fatto appello all’elettorato di sinistra, in nome della «resistenza».

Nel Nord, Xavier Bertrand sembra aver quasi gettato le armi di fronte a Marine Le Pen. In questa regione, l’astensione è diminuita (dieci punti in meno rispetto al 2010), ma ha fatto aumentare il voto Fn, passato in modo spettacolare dal 17,5 al 40,6%. Il Fn sfonda il 40% nelle due regioni dove la vittoria è a portata di mano per l’estrema destra, nel Nord e in Provenza. A Calais, che è stato uno dei feudi del Pcf, il voto è stato emblematico, l’estrema destra ha fatto uno dei suoi risultati migliori, sfiorando il 40% nella città che convive con la «giungla» dei migranti. La Regione dà sovvenzioni alle associazioni: a Calais si preannuncia un periodo duro e foriero di violenze, visto che Marine Le Pen ha già informato che, con la sua presidenza, per i migranti non ci sarà più «né copertura sanitaria, né case gratis, né assegni di nessun tipo, più niente».

C’è stata una particolarità del voto dei giovani, che si sono astenuti più della media nazionale (14 punti in più). Il Fronte nazionale per i 18-25 anni è al 34%, una percentuale più alta della media, cosa che significa che l’estrema destra non è più tabù per questa fascia d’età, che rappresenta l’avvenire del paese.

Al contrario, nel 10° e 11° arrondissement di Parigi, dove hanno avuto luogo gli attentati del 13 novembre, i due terzi degli elettori hanno votato a sinistra. A Parigi e regione (Ile-de-France) il Fn è rimasto basso, non ha superato il 10%, anche se nella banlieue l’astensione è stata più alta della media, come succede abitualmente (63,1%, un record nazionale nel dipartimento della Seine-Saint-Denis).