Spionaggio americano in Germania, atto secondo. Dopo le rivelazioni dello scorso giugno, che suscitarono un’indignazione spentasi in fretta, da mercoledì sera a Berlino si grida nuovamente allo scandalo. Da quando, cioè, è trapelato, grazie all’ex agente segreto Usa Edward Snowden, il segreto più inconfessabile: ad essere intercettato dalla Nsa (National Security Agency), il servizio segreto a stelle e strisce, è stato addirittura il telefonino della cancelliera Angela Merkel. E, a questo punto, c’è la ragionevole certezza che le intercettazioni siano state sistematiche, prolungate e registrate.
Dopo le prime immediate, dure, reazioni del portavoce del governo Steffen Seibert, ieri si sono susseguite per l’intera giornata prese di posizione dell’intero mondo politico tedesco, Merkel compresa: «Tra amici non si fa così», ha dichiarato a Bruxelles la leader democristiana (Cdu). Per il ministro della Difesa uscente, Thomas de Maiziere, «le relazioni con gli Usa sono importanti ma non si può semplicemente tornare alla normalità». Non a caso, il ministro degli esteri uscente, il liberale Guido Westerwelle, ha convocato l’ambasciatore Usa per esigere spiegazioni ed esternare la rabbia dell’esecutivo della Repubblica federale: un gesto che nei rituali diplomatici si riserva solo alle situazioni di crisi più grave. Il comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti si è riunito e ha trattato a lungo la questione con il ministro competente, il democristiano Ronald Pofalla. Proprio colui che aveva trionfalmente dichiarato, durante la campagna elettorale, che il caso-intercettazioni era chiuso.
Esiste uno scandalo nello scandalo, infatti. E cioè il comportamento del governo tedesco in tutta questa vicenda, come hanno denunciato la Linke e i Verdi – i partiti che staranno all’opposizione del prossimo governo di grosse Koalition fra Cdu-Csu e socialdemocratici (Spd). Quando si era trattato di alzare la voce contro l’intercettazione di mezzo miliardo di comunicazioni al mese di normali cittadini, Merkel e soci avevano mostrato irritazione e protestato formalmente, ma si erano poi subito accontentati delle spiegazioni degli «amici americani». La campagna elettorale incombeva, ed era meglio archiviare in fretta un tema imbarazzante per l’esecutivo. Sul quale gravava il giustificato sospetto di non avere fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggere i diritti dei tedeschi. O, peggio, di avere sempre saputo e chiuso un occhio.
«Dov’era tutta questa indignazione qualche mese fa?», si è chiesto ieri Jan Korte, vicecapogruppo della Linke al Bundestag. «Quando si seppe delle intercettazioni di massa – ha aggiunto – la popolazione si attendeva giustamente che la cancelliera dicesse chiaramente agli americani: “così non va”. Invece non è successo niente. Ora i cittadini hanno il diritto di chiedere che finalmente si traggano conseguenze da questa permanente violazione dei diritti fondamentali. Hanno diritto a non essere più presi per i fondelli dal governo». Molto dura anche la capogruppo degli ecologisti Katrin Göring-Eckardt: «i diritti delle persone comuni hanno lo stesso valore di quelli della cancelliera».
Ora il ministro Pofalla promette che riaprirà il dossier che lui stesso aveva frettolosamente chiuso in estate. A volerlo è anche il futuro alleato di governo dei democristiani, la Spd. Che, per bocca del suo segretario Sigmar Gabriel e del presidente dell’Europarlamento Martin Schulz, si spinge a mettere in discussione le trattative sul trattato di libero scambio fra Ue e Usa (il Tttip – Transatlantic Trade and Investment Partnership). Una linea condivisa anche dalla Linke e dai Verdi. Sul tema non si registrava ieri ancora nessuna presa di posizione ufficiale da parte di esponenti democristiani, generalmente sensibili alle posizioni liberiste dei fautori dell’accordo: s’intravedono, forse, i primi scogli sulla rotta per la «grande coalizione».
Oltre al mondo politico, a reagire alla notizia dello spionaggio del cellulare di Merkel è anche la giustizia tedesca. La Procura generale federale (Bundesanwaltschaft), competente per i reati che riguardano la sicurezza dello stato, ha annunciato di avere aperto un’inchiesta per verificare se quella del servizio segreto americano sia stata «un’azione contro la Repubblica federale tedesca», punita con pene fino a dieci anni di reclusione.