Edward Snowden sembra uscito di scena, ma l’onda lunga del Datagate agita ancora la politica internazionale. L’ex consulente Cia che ha rivelato il gigantesco scandalo delle intercettazioni illegali messo in atto negli Usa dall’Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa) ha ottenuto asilo temporaneo in Russia, a patto di non complicare ulteriormente i rapporti tra il Cremlino e Washington con altre rivelazioni. Quelle che ha consegnato alla stampa internazionale a partire da giugno bastano però a turbare più di un sonno, negli Usa, in Gran Bretagna e in Europa.

I programmi che utilizza la Nsa – ha scritto il Wall Street Journal sulla base di testimonianze titolate – consentono all’intelligence Usa di controllare circa il 75% del traffico internet. Blarney, Fairview, Oakstar, Lithium e Stormbrew possono intercettare la posta elettronica e filtrare le chiamate telefoniche online in entrata e in uscita dagli Usa. Snowden lo aveva anticipato, il Washington Post aveva spiegato come la Nsa abbia violato migliaia di volte e senza permesso del giudice la vita privata degli statunitensi: in più di 2.000 occasioni dal 2008, quando il Congresso ha ampliato i suoi poteri di vigilanza sulle comunicazioni. Il Wall Street Journal è entrato ulteriormente nei dettagli: la Nsa ordina ai provider di inviarle il materiale che potrebbe contenere informazioni relative allo spionaggio internazionale, poi lo analizza con filtri speciali e lo scarta nel caso sia considerato non attinente. Una percentuale ben diversa da quell’1,6% di controlli internet ammesso in precedenza dalla Nsa.

Vigilanza senza controlli, amplificata a dismisura dopo l’11 settembre 2001. Già col sistema Echelon, creato all’epoca della Guerra fredda per consentire agli Usa di controllare le comunicazioni militari e diplomatiche dell’Unione sovietica, la Nsa riesce a controllare circa il 90% delle comunicazioni mondiali con le sue 120 stazioni e filiali. Col Prism e con altri sofisticati programmi di vigilanza segreta come Xkeyscore (che consente all’intelligence di sapere «quasi tutto quel che una persona fa in internet»), la Nsa è andata ben oltre la prevenzione dello spionaggio o degli attentati: estendendo i propri tentacoli alle informazioni di carattere economico carpite anche ai paesi europei alleati.

Il 9 agosto Obama ha annunciato misure per aumentare la trasparenza della Nsa. Reggie B. Walton, il principale giudice del Tribunale di vigilanza dell’intellingence straniera, creato nel ’78, ha però dichiarato che i mezzi giuridici per verificare in modo indipendente come il governo si mantenga nella legalità costituzionale sono scarsi. E anche un senatore repubblicano, Rand Paul, ha chiesto l’intervento della Corte suprema ricordando che il IV emendamento protegge la vita privata dei cittadini. E tuttavia, pur essendo nell’occhio del ciclone, la Nsa ha finanziato con 60.750.000 dollari un progetto di ricerca dati ultrasegreto presso l’Università statale della Carolina del nord, erogando all’istituto la cifra più alta mai concessa per questo genere di ricerche.

Snowden ha dimostrato che anche l’intelligence britannica – la divisione Gchq – si è servita del sistema Prism. Alan Rusbridger, editore del Guardian, che per primo ha pubblicato le rivelazioni di Snowden, ha affermato di essere stato obbligato dai servizi segreti a distruggere gli archivi del caso. David Miranda, il marito brasiliano del giornalista Glenn Greenwald, che ha raccolto le confessioni di Snowden, ha raccontato altri particolari sull’arresto subito all’aeroporto londinese per 9 ore: «Sono stato obbligato a rivelare le password di tutta la posta elettronica con la minaccia di essere arrestato, in base all’articolo 7 della legge antiterrorismo del 2000». Londra ha avvertito Washington, ma la Casa Bianca ha negato di essere intervenuta. Miranda ha preannunciato azioni legali contro il governo britannico. Russia e Germania hanno protestato per le pressioni sul Guardian che, secondo quanto riportato dal Daily Mail e dall’Independent, sarebbero state esercitate direttamente dal segretario di gabinetto di Cameron, Jeremy Heywood. Il Labour ha chiesto al primo ministro di riferire in parlamento.