L’Ilva sulle montagne russe. Nel secondo e conclusivo giorno di incontri del neo ministro Luigi Di Maio si passa in pochi minuti dalla «fiduciosa speranza» che l’Ilva a Taranto «sarà finalmente chiusa» da parte del’associazione «Medici per l’ambiente» alla pomposa dichiarazione di chi fra dieci giorni conta di ripartire a produrre a pieno ritmo: «ArcelorMittal è pronta a chiudere l’operazione entro il periodo concordato ed essere operativa dal 1 luglio 2018».

NEL MEZZO C’È LUI, IL DOPPIO ministro e vicepremier che a fine giornata scende gli scalini via Veneto – lato Sviluppo economico – e affronta il circo mediatico con una dichiarazione che ha l’ambizione di non scontentare nessuno e il risultato di fare la figura di chi non sa che letteralmente che pesci pigliare: «Mi si chiede di risolvere in 15 giorni questa questione rinviata per sei anni. Noi i super poteri non li abbiamo ma ce la metteremo tutta». Quindi ora si passa «ad analizzare il piano industriale, aziendale e sul piano ambientale», spiega Di Maio, «continuerò l’approfondimento su questo dossier consapevoli che ci sono delle scadenze».

E così quello che doveva essere il giorno del giudizio diventa una semplice tappa di una vertenza che va avanti dal 2011, quando iniziarono le inchieste contro i Riva e sull’inquinamento a Taranto.

UNA SEMPLICE PUNTATA, come quella di Porta a Porta che Di Maio va a registrare subito dopo e per sviare l’attenzione sul dossier Ilva irrisolto – Bruno Vespa non gli rivolge nemmeno una domanda sul tema – lo porta ad annunci sopra le righe, sempre in coda a Salvini, come sul tema «censimenti». «Ci sono altri censimenti politici da fare: il primo è quello dei raccomandati della Pubblica amministrazione e tra questi anche quelli che ci sono in questa azienda, la Rai», scandisce il vicepremier provocando la reazione stizzita del Pd. «Nessuna azione intimidatoria però se c’è governo del cambiamento dobbiamo ristabilire un po’ di meritocrazia». Oppure quello sulle pensioni: «Ho incontrato il presidente dell’Inps Boeri: la mia idea è di creare un fondo alimentato con tagli alle pensioni d’oro e vitalizi e lo destineremo alle pensioni minime. È una questione di giustizia sociale». Come dovrebbe essere Ilva fra 14mila lavoratori diretti e 20mila totali e i 200mila abitanti di Taranto.

Ilva di Taranto

 

DOPO CHE LUNEDÌ – quando ha fatto capolino, a suo dire casualmente, perfino l’ex ministro Carlo Calenda in scooter e in maniche di camicie chiedendo ai cronisti notizie su come andava la trattativa – Di Maio aveva lasciato «un’ottima impressione» ai sindacati e agli amministratori locali «per la sua capacità di ascoltare», ieri toccava alle associazioni e al «potenziale acquirente».

E DUNQUE LA NOTIZIA del giorno diventa la presenza per la prima volta al ministero della famiglia Mitttal con il capostipite Lakshmi assieme al figlio Aditya. I proprietari del più grande gruppo mondiale fra i produttori di acciaio hanno subito voluto mettere le carte in tavola con il nuovo governo. Non vogliono mollare l’Ilva e sono pronti a prendere possesso del gruppo. «Un buon meeting», ha commentato alla fine dell’incontro Lakshmi Mittal lasciando poi ai portavoci spiegare «la propria volontà di iniziare il prima possibile l’attuazione dei piani ambientali e industriali con un investimento totale di 4,2 miliardi che comprende 1,1 miliardi in conto capitale per l’ambiente, più di 1,2 miliardi per spese per recuperare la ritardata manutenzione e effettuare un consistente programma di investimenti negli altiforni e negli impianti e, infine, 1,8 miliardi di corrispettivo per l’acquisizione».

CIFRE CHE COZZANO CON QUELLE sui morti, i bambini ammalati e l’inquinamento snocciolate dalle associazioni ambientaliste che erano appena uscite dall’ufficio di Maio. La loro richiesta era riassunta dallo striscione esposto sotto il ministero: «Ilva, chiusura e riconversione, unica soluzione», retto dai lavoratori del comitato Liberi e Pensanti e dalle famiglie tarantine.

A loro Di Maio ha risposto con una rassicurazione: «I cittadini di Taranto hanno diritto a respirare e io voglio garantirlo, vengo dalla Terra dei fuochi», scusandosi per non essere riuscito – a causa dei tempi stretti – a raggiungerli direttamente in città, ma garantito loro «resteremo in contatto, perché nei prossimi giorni saranno prese decisioni importanti, di cui farete parte».

DAL MISE TRAPELA SOLO CHE l’idea del ministro sia prendere una decisione entro il primo luglio e non prolungare i tre commissari – tra l’altro invisi a tutti i parlamentari M5s sul territorio – per avere più tempo per trattare.
Tenere assieme Mittal e i comitati tarantini comunque pare davvero un’impresa «da super poteri».