La foto dei tanti migranti con la pala e guanti a scavare nel fango. E la scritta: «Ci aiutano a casa nostra», che sfotte lo slogan lanciato da Renzi quest’estate: «Aiutiamoli a casa loro».
La tragedia di Livorno – ieri è stato trovato il corpo dell’ottava vittima – ha sorprendentemente fatto ritrovare un po’ di solidarietà e un senso di comunità che in questi mesi parevano perduti. Nella città messa in ginocchio dall’esondazione del fiume Ardenza sono tutti al lavoro: dagli ultras amaranto della derelitta squadra di calcio ai tanti portuali di tutte le età, agli studenti della città e ai tanti che arrivano dalle regioni vicine – Toscana, Lazio, Emilia-Romagna – ad aiutare una terra amata dall’Italia intera. In un revival degli «angeli del fango» della vicina Firenze nel 1966.
E fra chi scava le polemiche politiche di questi giorni – con il rimpallo di responsabilità sull’allerta meteo o su come è stato interrato l’Ardenza – non sono nemmeno ricordate. A dimostrazione che la società civile qualche volta è ancora migliore della classe politica che la rappresenta.
Il tutto mentre si guarda con qualche preoccupazione alle previsioni meteo del prossimo weekend con una nuova perturbazione con piogge piuttosto intense che dovrebbero ritornare sulla Toscana e su Livorno. E che portano tutti a fare in fretta, a non riposarsi mai per cercare di recuperare il recuperabile.
Ieri però è stata ancora una giornata di dolore e di morte. Il corpo di Giampaolo Tampucci, 67 anni, disperso da domenica, è stato trovato in un angolo del giardino della palazzina di via Garzelli, poco meno di un chilometro prima rispetto ai Tre ponti, dove lunedì era stato recuperato quello di Martina Bechini, 34 anni. La piccola parte di un piede che fuoriusciva dal fango ha attratto l’attenzione di un vigile del fuoco che subito si è reso conto che quello poteva essere il cadavere di una persona. I lavori si sono fermati e, in silenzio, si è atteso l’arrivo del magistrato e dei carabinieri.
Tampucci viveva da solo in una casa isolata, nella zona di Monterotondo. L’abitazione, poco più di una baracca, era stata letteralmente portata via dalla furia delle acque. Di lui nessuno aveva più notizie, né tantomeno lo aveva visto, da sabato pomeriggio, prima che il cielo si facesse scuro e la pioggia iniziasse a cadere sempre più forte. La furia delle acque lo ha trascinato per oltre 500 metri e il destino ha fatto sì che il suo corpo finisse nel giardino della sede della polizia provinciale i cui mezzi sono andati quasi tutti distrutti. Lo cercavano soprattutto in mare, invece anche lui, come tutte le altre vittime, al mare tanto amato dai livornesi questa volta non è mai arrivato.
Il numero delle vittime del nubifragio è così salito a otto. Il ritrovamento dell’ultimo disperso dovrebbe chiudere il triste conteggio.
Domani, intanto, dovrebbero tenersi le prime cerimonie funebri. Al riparo da telecamere e fotografi, in forma privata, sono in programma quelli dei coniugi Simone Ramacciotti e Glenda Garzelli, 37 e 35 anni, del loro figlio Filippo di 4 anni e del nonno Roberto Ramacciotti, 65 anni. Non ci sarà, naturalmente, la piccola Camilla, l’altra figlia della coppia, 2 anni e mezzo, salvata grazie al sacrificio del babbo e del nonno.
In programma dovrebbero esserci anche i funerali di Roberto Vetusti (74 anni) e Raimondo Frattali, 70 anni. Sarebbero fissati per domani mattina, in due diverse chiese, ma dalle famiglie c’è il riserbo anche su dove si terranno. I livornesi sono, giustamente, gelosi della loro intimità.