Ne sono successe di cose a Livorno da giugno a questa parte. Dopo la vittoria del Movimento 5 Stelle, la città tirrenica è finita sulle pagine nazionali per l’inaspettato risultato delle amministrative, poi ad agosto per uno striscione di accusa contro il genocidio a Gaza, e più tardi per l’elezione di una miss di colore. E, quando la proposta del M5S di approvare il Regolamento per il riconoscimento delle Unioni Civili, è arrivata la settimana scorsa nell’aula l’ottava Commissione Consiliare per mano della vicesindaco Stella Sorgente e il Tavolo Rainbow (al quale partecipano Famiglie arcobaleno, FriendLi Equality Italia), Rete genitori Rainbow, LilaF24, Agedo, Arcigay giovani, Morphè) ha lanciato l’idea di un possibile Gaypride in città, di nuovo la città ha fatto parlare di sé. La prima risposta, silenziosa, è stata la veglia indetta da Manif pour tous Italia, in “difesa della famiglia tradizionale e della libertà d’opinione”.

MANIF POUR TOUS: CHI SONO

Manif pour tous è nata in Francia nel 2012 in risposta al progetto di legge sul matrimonio omosessuale, legge poi approvata nel maggio 2013, e solo nel 2013 raccoglie 4,38 milioni di euro, di cui il 3,23 proveniente da donazioni di simpatizzanti, come il partito del Front National, presieduto da Marine Le Pen. L’associazione ha un clone italiano, Manif pour tous Italia, attivo attraverso delegazioni regionali, che sul profilo facebook vanta quasi 18 mila likes e ha lo scopo di “mobilitare i cittadini italiani di tutte le confessioni religiose, politiche e culturali e risvegliarne le coscienze in merito alle problematiche riguardanti le recenti leggi su omofobia e transfobia, teoria del gender, matrimoni e adozioni a coppie omosessuali.

Il suo scopo è garantire la libertà di espressione, preservare l’unicità del matrimonio tra uomo e donna e il diritto del bambino ad avere un padre ed una madre”. Alla notizia di una veglia silenziosa in difesa della famiglia tradizionale e in aperta opposizione alla proposta di legge Scalfarotto di contrasto all’omofobia e alla trans fobia, le comunità LGBT locali si sono mobilitate e hanno scelto di scendere in piazza. Domenica scorsa, i primi ad arrivare alla Terrazza Mascagni, luogo prescelto per la veglia e presidiato da una camionetta dei carabinieri, sono tre signori che preferiscono «aspettare gli altri» per rispondere alle nostre domande. Ci dicono che ci sarà tempo durante la veglia. Non sappiamo bene come faremo a conversare, visto che si tratta di una veglia silenziosa, ma aspettiamo.

LA VEGLIA SILENZIOSA

I manifestanti lentamente si sono disposti a scacchiera, mentre il silenzio della fiaccolata è stato interrotto da un megafono: «Non vogliamo che la menzogna diventi la trama stessa della vita dei bambini del nostro paese – qualcuno ha detto – Non vogliamo che trionfi l’ideologia del gender». Questa impostazione identifica la famiglia con il concetto di unione naturale volta alla procreazione, riconducibile in generale a credenze cattoliche. Manif pour tous si dichiara aconfessionale e apolitica.

A suo dire le rivendicazione dei diritti LGBT non sarebbero «emergenza nel paese» come si legge nei cartelli che silenziosi sostengono i partecipanti alla veglia. Se da un lato è evidente la chiusura di fronte al tema della lotta all’omofobia, gli intervistati si dichiarano tolleranti con gli omosessuali, ma fortemente critici verso la manifestazione di certi orientamenti.

Piero Mainardi, rappresentante dell’associazione Cristo Re, aderisce a Manif pour tous Toscana. «La manifestazione è in difesa della famiglia naturale e della la libertà di opinione minacciata dalla proposta di legge Scalfarotto» ha spiegato. Il punto è che la legge che porta il nome dell’esponente Pd intende difendere la libertà di esprimere il proprio orientamento sessuale senza essere discriminati. Su questo punto Mainardi non cede e risponde: «Ma pretendere che venga riconosciuta un’istituzione come quella del matrimonio che è un’unione tra un uomo e una donna contrattualmente stabilita, indissolubile, che Gesù ha elevato a sacramento, è del tutto fuori luogo»

«DIFENDIAMO LA FAMIGLIA “COSTITUZIONALE”»

Daniela Musumeci, biologa e docente universitaria, accetta di essere intervistata. «Abbiamo partecipato alla manifestazione di Firenze – spiega – ma non siamo iscritti a Manif pour tous, ne condividiamo l’impostazione».

Siete in piazza in difesa della famiglia tradizionale?
«No della famiglia naturale, quella costituzionale».

Secondo il manifesto pubblicato in rete (lamanifpourtous.it), la proposta di legge Scalfarotto di contrasto all’omofobia e alla transfobia avvia il processo di demolizione della famiglia. In che modo l’omosessualità minaccerebbe il concetto di famiglia tradizionale?
«Quando si afferma una verità che non è scientifica, è chiaro che chi vive la verità scientifica si sente minacciato. L’orientamento omosessuale, parlo come biologa, era materia dei manuali di neuropsichiatrica, ed era considerato un’alterazione del comportamento, e come tale andrebbe curata. Poi negli anni ’70 fu derubricata in un processo di normale modifica. Sarebbe interessante andare a ricercare il perché. È incontestabile che la riproduzione distingua l’incontro tra i due sessi attraverso i quali passa il concepimento, come un incontro indiscutibile. Negare questo è negare il vero».

Manif pour tous chiede anche a gran voce il rispetto della libertà d’opinione. Eppure la manifestazione del proprio orientamento sessuale rientra nella sfera della libertà d’espressione. Lei conosce persone gay?
«Certo, l’omosessualità esiste come esistiamo io e lei… Un individuo può avere queste tendenze, noi avevamo un cugino omosessuale. Ma è importante non scordarsi mai dei diritti degli eterosessuali».

È innegabile però che l’omosessualità sia oggetto di discriminazioni e talvolta di violenza. Entreremmo così in materia di violazione dei diritti umani. «Bisognerebbe sempre distinguere e capire di quali diritti stiamo parlando, visto che si considera diritto anche il permesso di poter eliminare un bambino down prima che nasca…Quando si parla di diritti, intendiamo la libertà di opinione, la libertà di nascere e crescere, l’educazione, la sanità… Sinceramente non capisco a quali diritti di tipo civile si riferiscano, in che cosa non sarebbero rispettati».

Per esempio a quello di vedere riconosciuta la loro unione, come indica l’interesse e la recente discussione anche in consiglio comunale a Livorno, del regolamento del Registro delle Unioni Civili…
«Il matrimonio è tra maschi e femmine, costituzionalmente e biologicamente. Sostenere che ne esistono altre forme…è come se io pretendessi di essere Napoleone, è una cosa che non ha senso come tale».

LA CONTRO-MANIFESTAZIONE

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In piazza San Jacopo, a poche centinaia di metri, già che il questore di Livorno ha vietato che si svolga nello stesso luogo della veglia, inizia la contromanifestazione, comunque autorizzata. Il corteo di circa duecento persone si è mosso colorato e pacifico sul lungomare, in direzione della veglia silenziosa, ma è stato ostacolato ed infine fermato da un cordone di polizia. Non ci sono stati scontri e gli automobilisti bloccati dalla calca hanno accettato senza troppe proteste la danza della drag queen sui trampoli.

Tra canzoni e bolle di sapone, il corteo ha fatto dietrofront tornando verso la piazza da cui era partito. L’unico momento di silenzio è il minuto dedicato a coloro che per la loro sessualità sono stati discriminati, repressi o uccisi.Una decina di persone che si muovevano verso il presidio sono state fermata dalla polizia e trattenute quasi un’ora in attesa della restituzione dei documenti. In piazza sono scesi diversi gruppi tra cui Azione Gay e Lesbica di Firenze, Rifondazione Comunista, Arcigay, il Collettivo Transgender, FriendLI, la rete genitori Rainbow, il movimento studentesco e l’Ex Caserma occupata. Ci sono famiglie anche qui, coppie etero e omosessuali, di tutte le età.

«NOI AFFERMIAMO I DIRITTI DI TUTTI»

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Carla Benvenuti, lesbica e attiva da anni per la difesa dei diritti degli omosessuali spiega: «Questa non è un’azione di boicottaggio contro la veglia silenziosa, ma una risposta. È sicuramente un buon momento per scendere in piazza e manifestare la nostra contrarietà, renderci visibili pacificamente. Continuano a esistere tristi casi di omofobia, e senza arrivare a manifestazioni estreme di discriminazione o violenza, dobbiamo prestare attenzione a quegli atteggiamenti interiorizzati che muovono dalla paura del diverso. Spesso ci troviamo di fronte a persone che non ammettono la loro chiusura, ma che criticano duramente la nostra libertà d’espressione».

Della stessa opinione è Francesco Renda di Rifondazione Comunista e partecipante al tavolo Rainbow creato dall’amministrazione comunale: «Non vedo come la nostra richiesta di diritti possa minacciare quei settori sociali dove questi diritti sono inviolabili. Quando si da un diritto questo dovrebbe diventare un baluardo di libertà per tutti. Non vedo come ci si possa sentire minacciati da una proposta di legge volta a eliminare le discriminazioni e le violenze di stampo sessuale».

I veglianti difendono la famiglia ma solo quella naturale, intesa come l’unione tra uomo e donna. A Renda chiediamo qual è la sua posizione: «La famiglia non è sempre stata uguale a se stessa – risponde – quella monogamica per esempio è un modello del 20esimo secolo. L’omosessualità esiste in natura, quindi attenzione a declinare la famiglia tradizionale secondo il concetto di naturale. La differenza maggiore tra questa piazza e l’altra, è che qui si rivendicano diritti per sé, i veglianti invece si sentono minacciati».

Probabilmente per questo motivo i “manif pour tous” dichiarano di essere in piazza per la difesa della libertà d’opinione. «È indubbio che negare le libertà e i diritti civili sia negare la democrazia e che quindi questa debba a un certo punto difendersi da se stessa – risponde Renda – Affermare che una minoranza sessuale minacci una maggioranza dalla quale fino a adesso è stata schiacciata non è democratico».

*** Le foto sono di Emilia Trevisani