Nei giorni scorsi c’è stata un po’ di maretta attorno a espressioni come «Scendi il cane» o «Esci il bambino». Interrogata da alcuni italiani, in un primo momento è sembrato ai lettori più frettolosi che l’Accademia della Crusca avesse sdoganato l’uso transitivo sempre e comunque di quattro verbi di moto, ovvero sali, scendi, entra ed esci. L’autorevole accademia non ha mai promosso quell’uso a livello della lingua comune, ma lo ha solo analizzato dicendo che alcuni vocabolari, fra cui il Gradit (Grande Dizionario dell’uso italiano) lo registrano come meridionalismo o regionalismo popolare.

A BEN guardare, la faccenda è più complessa e lo si capisce leggendo la scheda a cura di Matilde Paoli pubblicata sul sito dell’Accademia. Analizzando le richieste pervenute, hanno redatto una mappa da cui emerge che il 60% delle domande sulla correttezza dell’uso transitivo dei verbi di moto arriva dall’Italia del nord, quasi il 27% dal sud (soprattutto da Sicilia e Palermo), pochissime dal centro. Emerge anche che i nordici ritengono inaccettabili espressioni come «Scendi il cane», mentre i meridionali le ammettono. L’Italia, quindi, sarebbe spaccata in due, ma quasi tutti scrivono per avere conferma della norma corretta, segno che le certezze vacillano, ma c’è anche voglia di fare chiarezza e amore per la lingua comune.

C’E’ ANCHE chi scrive: «Da quando sono tornato a Palermo dopo tanti anni trascorsi per lavoro a Milano, mi dà un enorme fastidio sentire dire da tutti espressioni come ’esci la carne dal frigo, esci il cane, scendi la bambina da casa, scendi il cane, sali la frutta, sali il pesce, etc.’»
Tuttavia, come ci dice la Crusca, anche all’interno di queste forme gergali ci sono regole ferree. Per esempio, si può scendere qualcosa o qualcuno da casa, mentre si esce quasi sempre un alimento o una bevanda dal frigo, si salgono o scendono oggetti pesanti, mentre si entrano solo il divano o i cuscini in caso di pioggia. Quasi sempre queste azioni avvengono dietro un’imposizione o una richiesta ed è facile capire perché. Vuoi mettere la comodità di dire «Esci il burro» piuttosto che «Tira fuori il burro dal frigo»? Oppure «Sali le valigie» anziché «Porta le valigie su in casa?». O ancora «Entra i cuscini» anziché «Tira dentro i cuscini dal terrazzo?». Certo, i cultori di verbi adeguati al contesto e al tipo di azione come introduci, estrai, innalza, issa o cala soffriranno le pene dell’inferno, ma chi avrebbe il coraggio di suggerirne l’uso agli amanti di «Esci il cane»? Ve lo immaginate il signore che da una vita dice «Esci la birra» uscirsene un bel giorno con un «Estrai il coltello dal cassetto»? O il muratore addetto all’estrusione delle macerie gridare al compagno «Issa il secchio» piuttosto che «Sali il secchio»?

AL LICEO avevo un professore di filosofia che faceva lezione «deambulando» e quando il sole lo accecava ci diceva «Ammainate le tapparelle». Lui era corretto, noi lo consideravamo antiquato. Fosse stato interessante ascoltarlo lo avremmo assecondato divertendoci a trovare, come lui, il verbo calzante, ma era noioso e puzzava di sigaro per cui rigettammo anche il suo italiano.
La lingua è così, duttile e trasformabile secondo l’uso e il consumo, ed è il suo bello. L’ideale sarebbe saperla parlare in tutti i modi possibili e secondo la bisogna in virtù di un’abilità, e invece troppa gente la massacra per manifesta ignoranza. Per fortuna c’è la Crusca a darci una mano. Un solo caso mi sento di sanzionare senza appello, un insegnante che dica a uno studente «Esci il libro». Diamine, almeno a scuola non risparmiate sulle parole.

mariangela.mianiti@gmail.com