Spendi oggi, vinci domani. Forse. Edinson Cavani dal Napoli al Paris Saint Germain (affare che dovrebbe essere ufficiale tra oggi e domani) è l’ultimo – in ordine di tempo – pezzo del nuovo puzzle del calciomercato internazionale. . I conti: con i 70 milioni di euro investiti per Cavani, il Psg porta a 250 mln la spesa complessiva nel solo calcio italiano. Pastore, Menez, Lavezzi, Sirigu, Thiago Motta, Sissoko, Verratti, Thiago Silva, Ibra, ora l’uruguaiano, in attesa di De Rossi o Hernanes, altri obiettivi dichiarati dei transalpini. E per poco a Parigi non ci finiva pure Pato, un anno e mezzo fa – il Milan ancora si morde le mani – per 35 mln. E 150 mln li ha investiti in poche settimane il Monaco – neopromosso in Ligue1 – dell’ultimo potente di turno, il milionario russo Dmitri Rybovlev, avvantaggiato anche da una fiscalità generosa con residenti e società del Principato.[do action=”citazione”]Tutto riscritto, tra consuetudini cancellate, nuovi padroni, società dall’antico prestigio svuotate di potere. Calciatori, top player, attratti da petroldollari degli sceicchi, in seconda battuta dai rubli dei magnati russi che piazzano parte del loro immenso patrimonio nei club europei[/do]
Addirittura il Monaco ha scippato Radamel Falcao, formidabile attaccante colombiano, al Real Madrid pagando la calusola rescissoria da 60 mln di euro all’Atletico Madrid. Lesa maestà, una volta. Ora no. Ora capita che un club francese neopromosso in prima divisione sia più attraente del Real, l’università del calcio. Oppure che il Sunderland, club di fascia medio bassa della Premier League, strappi Giaccherini (onesto manovale, non un campione ma protagonista nella Confederations Cup brasiliana) alla Juventus. Ancora, che lo Zenit San Pietroburgo spenda 90 mln di euro per portare in Russia il brasiliano Hulk e il belga Witsel.
La geografia del calcio è cambiata. E stavolta c’entrano poco discorsi del tipo: fatturati quadrupli, introiti da marketing o dallo stadio di proprietà, punti dolenti del sistema calcio in Italia. Si vola in Francia, Russia, Turchia, naturalmente nella ricca Inghilterra, perché ci sono grandi gruppi finanziari che spendono aggirando le norme del Fair Play Finanziario, in pieno vigore dal 2014. Barcellona e Real tengono botta per prestigio e un brand che tira nel mondo, così come il Bayern Monaco, che sprizza euro da ogni poro. E l’Italia è scomparsa dalle carte nautiche. Solo la Juventus prende Tevez a costo di saldo (nove mln di euro) mentre Inter e Milan vendono prima di acquistare. In attesa di notizie dal nuovo Napoli di Benitez. Attenzione, però. Investire cifre astronomiche non vuol dire vincere. Almeno nelle Coppe europee, in Champions League soprattutto.

Lo sa bene Roman Abramovich, patron del Chelsea, che dieci anni fa con l’avvio della sua presidenza dava il via al nuovo corso del calciomercato milionario. In una decade il russo ha investito quasi mille mln di euro per portare il Chelsea in vetta al mondo. Ha vinto subito la Premier League con Mourinho in panchina. Ha fallito tante volte in Europa (anche per sorte avversa, vedi sconfitta ai rigori nel 2008 nella finale di Champions League contro il Manchester United), per poi mettere in fila nelle ultime la Champions League e l’Europa League. È andata peggio al Manchester City di Roberto Mancini e dello sceicco Al Mansour che in 3-4 anni ha rastrellato il meglio sul mercato. Assegni staccati per top player in attacco, centrocampo, ingaggi inavvicinabili. Una Premier League vinta sul filo di lana nel 2012, una FA Cup la stagione prima, due eliminazioni nella fase a gironi della Champions League. Mai raggiunti gli ottavi di finale, altro indizio che forma una prova.

La Coppa si vince con un gruppo, una squadra, con esperienze accumulate negli anni, oltre al talento individuale. Non collezionando figurine. Borussia Dortmund, finalista Champions League 2012 contro il Bayern Monaco, lo Shakthar Donetsk di Lucescu, il Lione delle stagioni passate che eliminava puntualmente il Real Madrid negli ottavi di finale di Champions, restano un esempio di gestione economica virtuosa unita a risultati importanti. Le big del calcio italiano prendano nota.