Le cose giuste al momento giusto: le grandi squadre fanno così. Anche quando c’è da soffrire e da temere, o quando l’avversario è partito forte e sembra più in palla di te. Devi aspettare il momento giusto, sfruttare le occasioni – poche ma buone – e poi prendere tempo mentre gli altri hanno una fretta maledetta e cominciano sbagliare gesti e scelte importanti. Italia-Argentina, la partita che si doveva giocare oggi ma che è stata anticipata alle 17.30 di ieri perché le condizioni metereologiche facevano temere il peggio, in una Genova già troppo martoriata dall’acqua, è finita così: 18-20. Ha prevalso l’esperienza dei pumas, la loro intelligenza tattica, la capacità di non sbagliare nei momenti che contano.

Per tutto il primo tempo, chiuso col vantaggio di 12-10, l’Italia aveva giocato meglio, raccogliendo però troppo poco: cinque calci di punizione, di cui quattro messi a segno da Kelly Haimona (buona, buonissima percentuale, la sua, rispetto alle medie cui la nazionale italiana ci aveva abituato da qualche anno). 12 punti, frutto dei molti falli commessi dai pumas nei raggruppamenti e della maggiore aggressività degli avanti azzurri, ma anche poca capacità di entrare nei 22 metri avversari, di trovare lo spazio e il passaggio decisivo: mai nel primo tempo l’Italia è andata vicino alla meta. Si è trovata avanti 12 a 3 già al 23’ ma poi ha cominciato a sbagliare, soffrendo la mischia argentina (uno spettacolo di tecnica, forza e astuzia) e prendendo troppi rischi.

Dall’altra parte, i pumas hanno annusato l’aria e hanno capito come, dove e quando potevano far male. Pochi palloni da giocare per loro, ma molta maestria nel gestirli e dunque incursioni pericolose nell’area dei 22 metri. A due minuti dall’intervallo, dopo uno sfondamento di Haimona mal gestito e un errore nel passaggio di Edoardo Gori, ecco partire il contropiede degli argentini che si ritrovavano a ridosso della linea di meta e, dopo una serie di percussioni contro la difesa azzurra in affanno, trovavano la superiorità numerica e la meta di Lucas Gonzalez Amorosino. Arrivava la trasformazione di Hernanez e i pumas andavano al riposo con soli due punti di svantaggio e le idee più chiare sul da farsi. Al contrario, l’Italia si ritrovava in mano un misero bottino e la certezza di avere commesso troppi errori nei passaggi decisivi e nella gestione delle fasi più importanti del gioco. 

Ripresa. Dopo 9’ un calcio piazzato di Haimona consentiva all’Italia di riportarsi avanti di cinque punti (15-10) ma intanto i pumas aumentavano ritmo e aggressività, conquistando palloni nelle ruck e nei raggruppamenti. Jacques Brunel cominciava la girandola dei cambi in un pack azzurro ormai stremato (fuori Favaro, Castrogiovanni e Aguero, dentro Minto, Chistolini e De Marchi) e il dominio argentino nelle mischie ordinate diventava incontestabile. Giungeva così la meta di Jeronimo de la Fuente (58’) dopo un pallone giocato in velocità e perfezionato da Juan Martin Hernandez con un perfetto passaggio che metteva il compagno di squadra solo davanti ai pali: 15-17. Altri dieci minuti e il punteggio saliva a 15-20: gli azzurri anziché calciare una palla dai propri 22 metri provavano a ripartire facendo a spallate e commettevano il più stolto e banale dei falli. Un penalty che Sanchez metteva dento senza difficoltà.

Gli ultimi dieci minuti del match erano di pura battaglia. Gli azzurri entravano più volte nell’area dei 22 metri avversari. Campagnaro trovava un bel varco ma ancora una volta il passaggio decisivo (Parisse) era fuori misura. Un piazzato di Luciano Orquera, subentrato a Haimona, portava l’Italia a soli due punti dai pumas, ma la stanchezza,le gambe pesanti e la poca lucidità della squadra azzurra consentiva all’Argentina di controllare le folate dei nostri giocatori. Il drop tentato e fallito da Orquera a due minuti dalla fine era un gesto disperato quanto mal preparato e il sipario calava sulla quattordicesima sconfitta dell’Italia contro gli argentini su un totale di venti sfide finora disputate. Era una partita che gli uomini di Brunel avrebbero potuto vincere? Certamente sì. La scorsa settimana i pumas erano stati piegati dalla Scozia (31-41) e presentavano molti nuovi giocatori. Ma il loro mestiere, la capacità di gestire la partita, restano per ora fuori dalla nostra portata. E i giovani non hanno fatto rimpiangere le vecchie glorie: il flanker Facundo Isa e i centri De la Fuente e Montero hanno giocato una grande partita.

L’Italia è molto migliorata rispetto alla scorsa stagione ma non basta: deve sbagliare di meno, imparare a gestire la partita nei momenti cruciali, compiere almeno cinque gesti in sequenza ben fatti, compreso il passaggio risolutivo. Sabato prossimo a Padova arriva il Sudafrica e sarà un’altra storia, anche se gli Sprinboks una settimana fa sono stati brutalizzati dall’Irlanda e oggi sono attesi al Twickenham dall’Inghilterra in una sfida che si annuncia succulenta.