L’insistenza con cui il governo giallo verde, e in particolare il ministro degli Interni Salvini, chiede a Bruxelles di cambiare il mandato della missione europea Sophia ha finora prodotto due risultati poco lusinghieri per il Paese. Il primo riguarda l’isolamento dell’Italia all’interno del Cops, il Comitato politico e di sicurezza da cui dipende la missione. Il secondo – che potrebbe concretizzarsi entro dicembre – la possibilità che addirittura venga messa fine alla missione stessa, decisione le cui conseguenze potrebbero essere controproducenti per l’Italia.

Tutto è accaduto mercoledì scorso nella sede del Cops a Bruxelles. Dell’organismo fanno parte gli ambasciatori dei 28 Stati membri a cui spetta il compito di coordinare le missioni europee, compresa Sophia impegnata dal 2015 nel Mediterraneo. Ad aprire la riunione è stata la relazione semestrale con cui l’ammiraglio Enrico Credendino, a capo dell’operazione, ha dato conto dei risultati raggiunti tra i quali, solo per citarne alcuni, più di 44 mila migranti tratti in salvo in tre anni e 151 presunti trafficanti di uomini consegnati alle autorità italiane. Numeri lusinghieri, che vanno ad aggiungersi al lavoro svolto quotidianamente dalle navi di Eunavfor Med per contrastare il traffico di armi e di idrocarburi dalla Libia.

La tensione è però cresciuta quando – uscito Credendino – il rappresentante italiano ha comunicato l’intenzione di Roma di non voler più applicare le disposizioni della missione che prevedono i porti italiani come unico punto di sbarco dei migranti. Una decisione anticipata nei giorni scorsi all’alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini da una lettera del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, ma accolta con gelo dai presenti. «L’Italia – spiegava ieri una fonte diplomatica dell’Ue – ha sottovalutato la reazione degli altri Stati», che avrebbero espresso «forti preoccupazioni» per le conseguenze «molto ampie» che la presa di posizione italiana potrebbe avere sul futuro dell’operazione. «Se l’Italia davvero deciderà di non applicare più le regole previste dal piano – ha proseguito la fonte – c’è un forte rischio reale che questo porti alla fine della missione Sophia».

Lo scontro tra il Viminale e la missione europea è cominciato lo scorso 8 luglio, giorno in cui il pattugliatore irlandese Samuel Becket, che partecipa al dispositivo europeo, ha sbarcato a Messina 106 migranti. «Dopo aver fermato le navi delle Ong, porterò al tavolo europeo di Innsbruck la richiesta di bloccare l’arrivo nei porti italiani delle navi delle missioni internazionali», disse in quell’occasione Salvini. Provocando così la rezione della collega della Difesa Elisabetta Trenta che senza troppi giri di parole ha ricordato al titolare del Viminale come la competenza sulle missione europea spetti a lei e al ministro Moavero, e a nessun altro.

Oggi il Cops tornerà a riunirsi, dopo che gli ambasciatori avranno consultato i rispettivi governi sul da farsi. Non ci sarebbe nessuna chiusura preventiva nei confronti delle richieste italiane a patto però, sarebbe la posizione comune, che vengano discusse all’interno di una revisione complessiva del mandato della missione. Insomma nessuna decisione unilaterale e, soprattutto, nessun ultimatum.

Il futuro della missione Sophia non è però l’unico argomento di attrito tra l’Italia e il resto dell’Europa. A tener banco c’è soprattutto la questione dei salvataggi in mare e la conseguente redistribuzione dei migranti tra gli Stati membri, per i quali Roma chiede che venga istituita una sorta di cabina di regia europea, o «cellula di crisi», gestita dalla Commissione europea utile a coordinare i salvataggi e a indicare i porti nei quali indirizzare le persone tratte in salvo. La proposta è contenuta in una lettera scritta dal premier Giuseppe Conte al presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e a quello del consiglio europeo Donald Tusk e ci sarebbe la disponibilità a trattare la questione «con urgenza», come ha spiegato ieri a Bruxelles un portavoce della Commissione.