«Nemmeno Maga Magò riuscirebbe a risolvere i problemi carcerari italiani entro maggio, ma forse per quella data saremo riusciti a dare un segnale di inversione di tendenza». Sono passati cinque mesi da quando la precedente ministra di Giustizia, Anna Maria Cancellieri, pronunciava queste parole riconoscendo come sbagliati i dati del Dap sulla popolazione carceraria. «I posti letto regolamentari nei 206 istituti di pena italiani sono circa 37 mila e non 47.615», spiegava la Guardasigilli individuando nella «vetustà delle strutture» la causa della «discrepanza tra i dati ufficiali e quelli reali». Era l’ottobre 2013 e allora, con 63.758 detenuti, il tasso di sovraffollamento aveva raggiunto il 175% e non dunque il 136% come ufficialmente comunicato dall’amministrazione penitenziaria. Ieri però il titolare del dicastero di Giustizia, Andrea Orlando, a Strasburgo, dove è andato per discutere le riforme «strutturali» del sistema penitenziario che il Consiglio d’Europa ha chiesto all’Italia entro il 27 maggio, ha annunciato che per quella data «la forbice tra numero detenuti e posti disponibili sarà almeno dimezzata, passando da 20 mila a 10 mila» rispetto al gennaio 2013, quando i carcerati erano 67 mila e, con la sentenza Torreggiani, la Corte europea dei diritti umani condannò praticamente l’Italia a risarcire ogni detenuto che non disponga in cella di uno spazio vitale minimo di 4 metri quadri. «E con le misure all’esame del Parlamento – ha aggiunto Orlando – il gap si può ulteriormente ridurre». «Sono dati reali», assicurano fonti ministeriali al manifesto, mentre da più parti – a cominciare da Rita Bernardini, segretaria dei Radicali italiani – si chiede al Guardasigilli di non riesumare i dati ufficiali del Dap.

++ RIFIUTI: ORLANDO, UE RICONOSCE IMPEGNI PASSI AVANTI ++
D’altronde la missione europea del Guardasigilli è molto delicata perché, come egli stesso ha detto prima di lasciare Strasburgo dove dovrà tornare tra un mese – e dove ieri ha incontrato il segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland, il presidente della Cedu Dean Spielmann e il commissario per i diritti umani Nils Muiznieks – se non si affronta in modo strutturale il problema carceri, anche da un punto di vista di qualità della vita detentiva, e quello della durata dei processi, le «ricadute sul nostro sistema e anche sul nostro bilancio rischiano di essere drammatiche: l’Italia rischia di dover risarcire tra i 50 e i 100 milioni di euro l’anno».

Per questo lo staff ministeriale sta lavorando senza sosta al problema del sovraffollamento, e su vari fronti: sul piano normativo, con particolari aspettative sulla liberazione anticipata contenuta nel decreto Cancellieri che «da dicembre ha liberato 400/500 detenuti al mese» (secondo i dati di Antigone), e che presto andrà a regime; sul piano amministrativo, «dove – ha spiegato ieri Orlando – in queste settimane abbiamo prodotto una forte accelerazione nella ripresa dei rapporti con altri Paesi per il rimpatrio di detenuti provenienti dall’estero, e in proposito a inizio di aprile sigleremo un accordo con il Marocco, uno dei paesi che ha una significativa popolazione carceraria in Italia»; e infine rafforzando gli accordi con gli enti locali «sulle pene alternative e le forme di detenzione in comunità per i detenuti tossicodipendenti». Ma la cosa a cui tiene di più Orlando è ridurre la portata delle indiscrezioni di stampa spiegando che da parte governativa «non c’è nessuna volontà di risolvere un problema complesso come quello del sovraffollamento con risarcimenti pecuniari: non intendiamo proporre baratti tra condizioni disumane di detenzione e denaro».

E se è vero che le condizioni di vita detentive non dipendono soltanto dai metri quadri a disposizione nelle celle (che dovrebbero essere adibite al solo riposo), il problema dei posti disponibili è comunque urgente. Secondo il ministero, nell’ultimo anno sono stati riportati alla disponibilità almeno 7-8 mila posti e, spiegano a Via Arenula, se il piano di lavori di ristrutturazione non subirà intoppi, entro maggio si potrebbe arrivare a circa 48/50 mila letti. Quindi, considerando che si potrebbe scendere di molto ancora sotto la soglia degli attuali 60.800 detenuti, il gap da colmare – che oggi, secondo questi calcoli, sarebbe di circa 16 mila unità – si ridurrebbe ancora ulteriormente. Ecco perché per Orlando ricorrere ad amnistia e indulto sarebbe «un fallimento». «Sono per non escludere niente perché stiamo facendo una trattativa molto difficile», ha precisato il Guardasigilli, ma «a oggi mi sento di dire che non saranno necessari provvedimenti eccezionali».