Dieci anni fa, in uno dei tanti passaggi della vicenda giudiziaria brasiliana di Cesare Battisti, i suoi avvocati che si preoccupavano di resistere alle richieste italiane di estradizione – riuscendoci ogni volta – citarono la sorte di un altro terrorista, catturato nel 2008 nel grande paese sudamericano ma che non aveva mai interessato la giustizia italiana, nessuno infatti ne aveva chiesto l’estradizione. Si trattava – e si tratta – di Pier Luigi Bragaglia, terrorista nero dei Nar, condannato in Italia a dodici anni e latitante dal 1982 al 2008. Quando fu arrestato dai carabinieri, ma solo per vedersi riconosciuto dalla giustizia brasiliana il diritto di restare in Brasile. Non gli fu necessario nemmeno chiedere l’asilo perché il tribunale supremo brasiliano considerò estinta la sua condanna italiana. Secondo il nostro codice penale la pensa si estingue anche per i latitanti trascorso un periodo pari al doppio della condanna. Bragaglia è ancora in Brasile. Il ministro dell’interno Salvini, ieri all’aeroporto di Ciampino per presenziare allo sbarco di Cesare Battisti, ha detto che «stiamo lavorando per assicurare alla giustizia i terroristi di qualsiasi colore: rossi, neri, bianchi e verdi». Il verde è il colore con il quale tradizionalmente viene identificata la Lega. Salvini ha fatto queste affermazioni in divisa da poliziotto.

La Lega annuncia già una mozione in cui farà l’elenco dei terroristi latitanti che vorrebbe recuperare alle carceri italiane. Non ci sono ovviamente né bianchi né verdi, ma nemmeno neri. Salvini si rivolge direttamente a Macron: «Dacci i delinquenti italiani». È in effetti in Francia la comunità più numerosa perché è a Parigi, dagli anni Ottanta del Novecento, che è stata riconosciuta protezione – nel senso del rifiuto all’estradizione – per chi era stato condannato al termine di processi per reati politici nei quali a giudizio della Francia non erano state rispettate tutte le garanzie. Le leggi di emergenza adottate in Italia contro il terrorismo – dai premi ai collaboratori ai processi in contumacia – furono un esempio considerato emblematico. Si tratta della cosiddetta «dottrina Mitterand», espressa dal presidente socialista francese a livello teorico più che con atti formali e non vissuta all’epoca (1985) dal nostro paese come una prevaricazione. Al contrario, fu probabilmente il presidente del Consiglio italiano Craxi, socialista e amico di Mitterand, a consigliare al presidente della Repubblica francese quella strategia verso i latitanti italiani.

Strategia che è rimasta in piedi per meno di un ventennio, perché nel 2002 la giustizia francese decide di estradare Paolo Persichetti, ex Br condannato in Italia a 22 anni per concorso morale in omicidio. L’estradizione avviene all’inizio del secondo mandato del presidente Chirac, che in passato si era dichiarato favorevole alla «dottrina Mitterand», perché Persichetti è nel frattempo indagato dalla magistratura italiana perché sospettato di fare parte delle nuove Brigate Rosse che avevano compiuto l’omicidio di Marco Biagi. Sospetti successivamente archiviati. Due anni dopo quella di Persichetti, la Francia decide di autorizzare anche l’estradizione in Italia di Battisti, che però fugge in Brasile. Nel 2008 è stata riconosciuta l’estradizione anche per Marina Petrella, ex Br condannata all’ergastolo per omicidio e altri delitti, ma l’allora presidente francese Sarkozy si avvalse del potere di annullare il decreto per «ragioni umanitarie». Non è passato dalla Francia ma dalla Libia e Cuba Alessio Casimirri, ex brigatista condannato a più di un ergastolo per diversi omicidi tra i quali quello di Moro. Dagli anni Ottanta è latitante in Nicaragua dove ha ottenuto la cittadinanza.