Da metà giugno al 12 luglio in Italia sono andati in fumo 26.024 ettari. Legambiente ha aggiornato ieri la conta dei danni, a partire dalle rilevazioni raccolte dalla Commissione europea per il progetto Copernico, così il dato finale indica 74.965 ettari bruciati nei sette mesi del 2017, un record assoluto. Nel dettaglio, tra maggio e il 26 luglio sono bruciati 72.039 ettari di superfici boschive, il 96,1% della superficie bruciata quest’anno, ai quali vanno sommati i 2.926 ettari registrati nel periodo invernale. Siamo a più 156,41% rispetto al 2016 (47.926 ettari). Le regioni più colpite sono la Sicilia con 25.071 ettari distrutti dal fuoco, la Calabria con 19.224 ettari e la Campania con 13.037. Seguono Lazio (4.859), Sardegna (3.512), Puglia (3.049), Liguria (2.848) e Toscana (1.521). All’ultimo posto il Piemonte con 151 ettari. Dall’inizio dell’anno sono arrivate 1.144 richieste di intervento per la flotta aerea dello stato composta da 14 Canadair, 3 elicotteri dei Vigili del fuoco e 3 elicotteri della Difesa.

«IL FUOCO COLPISCE ogni anno le stesse regioni e le stesse province – spiega Legambiente – perciò, con un’azione preventiva in dieci aree (Cosenza, Salerno, Trapani, Reggio Calabria, Messina, Siracusa, Latina, Napoli, Palermo, Caserta), si sarebbe potuto salvare il 63,44% di quanto bruciato finora». Secondo la Protezione civile, negli ultimi 30 anni è andato perso il 12% del patrimonio forestale del paese con gravi effetti sulla precaria tenuta idrogeologica del territorio. Il Corpo forestale (confluito quest’anno nei carabinieri per effetto della riforma Madia) ha stimato i danni prodotti dai roghi nel 2016 intorno ai 14milioni più i costi per l’estinzione pari a quasi 8milioni.
L’ITALIA BRUCIA PER molti motivi: temperature alte, siccità, scarsa manutenzione dei boschi e, spesso, atti criminali. «Già nel 2016-– prosegue l’associazione – gli incendi di origine dolosa o colposa accertati erano quasi raddoppiati rispetto al 2015: 4.635 contro 2.250. Le mafie usano gli incendi per i più disparati motivi: appalti per manutenzione e rimboschimenti, assunzioni clientelari dei forestali, guardianie imposte, estensione delle superfici a pascolo, ritorsione o strumento di ricatto politico».

I RITARDI PIÙ GRAVI, secondo Legambiente, si registrano a livello regionale: sono le regioni, infatti, che devono approvare ogni anno il Piano Aib (antincendi boschivi) attraverso cui programmare e coordinare le attività di prevenzione e lotta ai roghi. Alle regioni spetta anche attivare la Sala operativa unificata permanente e i Centri operativi provinciali. Altre criticità sono il numero insufficiente di operai forestali, il processo di riorganizzazione (lasciato a metà dal governo) delle funzioni dell’ex Corpo forestale, i Vigili del fuoco sotto organico di 3.314 unità.

NELLE SEI REGIONI maggiormente colpite i ritardi sull’organizzazione del comparto sono stati evidenti. In Sicilia, ad esempio, «non si hanno notizie sull’attivazione dei Cop, non è stata ancora sottoscritta la convenzione con i Vigili del Fuoco né si conosce il numero degli operatori impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi» spiega Legambiente. La regione potrebbe contare su 23mila forestali ma solo un migliaio sono assunti a tempo pieno, gli altri sono impiegati per 78, 101 o 151 giornate all’anno. La Calabria ha il 40,6% della sua superficie coperta da boschi e foreste. Solo il 4 luglio ha sottoscritto la convenzione con i Vigili del Fuoco e ha attivato il solo Cop di Vibo Valentia. «L’unica cosa che pare si muova sono i mezzi aerei noleggiati dalla regione – conclude il rapporto dell’associazione – che, pur pesando tantissimo alle tasche dei contribuenti, non possono fermare gli incendi a differenza dei forestali a terra».

LA CAMPANIA È la regione che ha accumulato il maggior ritardo: ha approvato solo il 21 luglio il Piano Aib e ha definito il 15 luglio la convenzione con i pompieri. Ha emanato il 4 luglio le ordinanze sugli incendi boschivi, trasferendo le competenze dall’assessorato all’Agricoltura a quello alla Protezione Civile (entrambi retti dal governatore De Luca), senza però trasferire uomini e mezzi. In ritardo anche il Lazio, che ha approvato solo il 17 luglio il Piano Aib.