Il movimento Ni Una Menos, che da due anni solca le strade di mezzo mondo, ha conosciuto anche l’adesione italiana. Sorto come una delle sorprese più vitali del 2016, quando per la prima volta il 26 novembre il progetto Non Una Di Meno ha esordito in piazza a Roma insieme a migliaia di donne, si è poi consolidato attraverso assemblee regionali e cittadine che hanno lavorato alacremente lungo tutto il 2017. Tavoli di lavoro per temi e la preparazione del grande sciopero globale organizzato per l’8 marzo, l’intento iniziale è stato rispettato: il Piano femminista antiviolenza contro la violenza maschile, nelle sue 57 fitte pagine, è stato presentato non più di un mese fa, alla vigilia del secondo appuntamento romano per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

In principio con la collaborazione tra Di.Re, Udi e la rete Io Decido, Non Una Di Meno ha raccolto da subito il consenso di molti collettivi e gruppi che si sono riconosciuti nel denominatore comune della libertà femminile per fare arretrare la miseria del vittimismo in tema di violenza maschile contro le donne. Ma, soprattutto il riconoscimento del confrontarsi tra pratiche diverse, diventando «casa delle differenze», ha segnato il punto di una serie di battaglie. Prima fra tutte quella di collocarsi nell’ambito internazionale, globale di un femminismo che trova la sua rigenerazione non azzerando ciò che è stato ma augurandosi di trovare maggiori intersezioni possibili.

Leggendo il Piano antiviolenza si scopre un documento politico capace di fotografare il presente e la sua complessità: tra lavoro, scuola, welfare, ambiente e tanto altro, seguendo il saldo protagonismo delle donne che non cede mai il passo all’automoderazione e alla convenienza partitica ma interroga costantemente i guadagni del femminismo per fare circolare una scommessa di civiltà. Per tutte e tutti.