Sulla base delle politiche attuali, si prevede che le emissioni dell’Italia nel 2030 saranno più basse del 26% rispetto ai livelli del 1990. Eppure, per rispettare gli accordi di Parigi, l’Italia dovrebbe ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92%. Questo, affinché il nostro paese possa dare il proprio fair share, un contributo giusto ed equo al raggiungimento su scala globale dell’obiettivo di contenere nel lungo termine l’innalzamento della temperatura media entro 1,5 gradi nel 2100. L’attuale obiettivo dell’Italia, invece, rappresenta un livello di ambizione così basso che, se anche altri paesi dovessero seguirlo, porterebbe probabilmente a un riscaldamento globale senza precedenti di oltre 3 gradi entro la fine del secolo.

A DESCRIVERE l’indirizzo attuale e lo scenario auspicabile è uno studio di Climate analitycs, «Obiettivi e politiche climatiche dell’Italia nel rispetto dell’Accordo di Parigi e delle valutazioni di Equity globale». Il rapporto è collegato alla campagna «Giudizio Universale», lanciata a giugno 2021. «L’associazione A Sud ha commissionato il report come allegato all’atto di citazione con cui abbiamo denunciato lo stato italiano per inazione climatica. Abbiamo deciso di diffonderlo all’indomani del fallimento della Cop26 perché è chiaro che gli strumenti di governance sono insufficienti e come cittadini e cittadine abbiamo diritto e dovere di agire. Ma anche per sottolineare come, secondo alcuni degli analisti climatici più accreditati a livello mondiale, i target di riduzione stabiliti dall’Italia sono ampiamente insufficienti. L’opinione pubblica e l’informazione devono prenderne atto» spiega al manifesto Laura Greco, presidente di A Sud.

CLIMATE ANALYTICS è un istituto di scienza e politica del clima con sede a Berlino, fondato nel 2008 per sostenere i paesi vulnerabili – i piccoli stati insulari in via di sviluppo e i paesi meno sviluppati – nella loro spinta verso un’azione climatica ambiziosa nei negoziati sul clima delle Nazioni unite e nell’implementazione di soluzioni di mitigazione e adattamento sul terreno. I ricercatori di Climate Analytics hanno analizzato le emissioni del nostro paese, evidenziando come gran parte della riduzione delle emissioni che si era registrata nella fase precedente alla pandemia erano coincise con il declino economico e l’esternalizzazione dei settori produttivi, fattori non strutturali: il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) non è affatto in linea con gli obiettivi di Parigi e negli ultimi decenni alcune settori – come ad esempio quelli dei trasporti e dell’edilizia – hanno ottenuto risultati relativamente scarsi in termini di riduzione delle emissioni, con le emissioni del 2018 in entrambi i settori al di sopra dei livelli del 1990. I trasporti ormai pesano quasi un quarto del totale dei gas climalteranti. «Le proiezioni delle emissioni, in base alle politiche attuali, mostrano che i settori dei trasporti e dell’edilizia continueranno ad avere risultati inferiori alle aspettative, portando l’Italia a mancare il suo obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 per i settori non coperti dal Sistema di scambio delle quote di emissione dell’Ue. Gran parte delle riduzioni di emissioni aggiuntive derivanti dalle politiche pianificate dall’Italia è in questi settori, così come nel settore energetico» spiega il report, evidenziando in quali settori intervenire in via prioritaria.

AL NETTO DEI bla bla bla sulle rinnovabili, la produzione energetica in Italia continuerà ad essere una fonte sostanziale di emissioni. Non potrebbe essere altrimenti se s’immagina di andare a sostituire il carbone con un altro combustibile fossile, il gas naturale. «Sebbene l’Italia stia puntando a una quota del 30% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia entro il 2030, non ha attualmente le politiche in atto per raggiungere questo obiettivo». Questa dipendenza definita «sostanziale e continua» dal gas naturale, considerato da alcuni un alleato della transizione ecologica, non è compatibile con l’obiettivo di più 1.5 gradi. Siamo fuori strada: «L’Italia non è riuscita finora a impegnarsi in un obiettivo chiaro e inequivocabile di riduzione delle emissioni a livello complessivo per il 2030» conclude il rapporto.