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L’Italia detiene il primato europeo delle vittime delle nuove schiavitù

L’Italia detiene il primato europeo delle vittime delle nuove schiavitù

Migranti Bruxelles sta studiando nuove norme per obbligare gli stati a rispondere entro sei mesi alle richieste di asilo, un "pacchetto" che darà alle polizie la possibilità di schedare i rifugiati

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 16 aprile 2013

Muoiono. O sopravvivono, come schiavi. Oppure chiedono asilo, ma vengono respinti. E quelli che ce la fanno (pochi) tirano a campare in un contesto che non aiuta: la vecchia Europa, la terra promessa per centinaia di migliaia di rifugiati – per non parlare di quelli che migrano senza finire nelle maglie delle statistiche e delle polizie – sta vivendo la crisi economica peggiore del dopoguerra. Un contesto dove le derive xenofobe rischiano di essere, sono, all’ordine del giorno. Anche per questo l’Unione europea sta mettendo a punto nuove norme per obbligare i paesi a velocizzare le procedure per l’accettazione delle richieste di asilo (massimo sei mesi), con l’obiettivo di approvarle entro giugno.

Oltre all’obbligo di dare risposte rapide, i paesi europei saranno chiamati ad applicare politiche più omogenee nei confronti dei migranti, proprio per impedire che la concessione dell’asilo – come ha precisato il commissario europeo agli Affari interni Cecilia Malmstroem – «diventi una lotteria». Tra le norme in discussione, per non smentire l’approccio con cui l’Europa affronta i fenomeni migratori, ce n’è una che dà la possibilità alle polizie degli stati di accedere ai dati sensibili delle persone che chiedono asilo (impronte digitali comprese). Una decisione che era stata criticata al parlamento europeo, perché si tratta di una schedatura che criminalizza persone colpevoli solamente di essere in pericolo di vita.

Quanto in pericolo lo dicono, per esempio, alcune cifre fornite proprio ieri dalla stessa Malmstroem. Sono storie quotidiane, tragedie che non scandalizzano nessuno. Nell’Unione europea, tra il 2008 e il 2010, sono state identificate 23.632 vittime della tratta di esseri umani, La schiavitù dei nostri tempi è il titolo del rapporto Eurostat. C’è un dato su tutti che ci riguarda: nel nostro paese è stato censito il maggior numero di «vittime» (6.426, più di un quarto del totale). Lo stesso rapporto sottolinea come il numero di «schiavi» in Europa sia cresciuto del 18% in due anni. Delle 23.632 vittime ufficiali, il 68% sono donne, il 17% uomini, il 12% ragazze e il 3% ragazzi. La maggior parte del traffico avviene per sfruttamento sessuale (62%), mentre il 25% viene utilizzato per il «lavoro forzato». Questo è il quadro, eppure solo sei paesi su 27 hanno recepito pienamente la direttiva contro il traffico di esseri umani (Repubblica Ceca, Lettonia, Finlandia, Ungheria, Polonia e Svezia).

«E’ difficile immaginare che nei nostri paesi liberi e democratici – ha detto Cecilia Malmstroem – decine di migliaia di esseri umani possano essere privati della loro libertà e sfruttati, scambiati come beni per fare profitto».

Nessun rapporto, invece, potrà dare conto di chi non è riuscito a diventare nemmeno «schiavo», di chi è stato ricacciato indietro dalla «fortezza Europa», sempre avara quando si tratta di dare una risposta positiva alle richieste di asilo, con differenze anche notevoli tra i paesi. Nel 2012, su 268.495 richieste ne sono state accettate solo 71.580 (27%) – 196.920 quelle negate (73%). Rigidissima la Francia: su 59.800 richieste 51.145 dinieghi (solo il 14% le domande accettate). La Germania su 58.645 richieste ha detto no 41.510 volte (29% quelle accettate). La più «generosa» risulta essere la Svezia: su 31.520 richieste «solo» 19.120 sono state respinte (ha detto sì al 39% dei rifugiati). L’Italia, invece, ha visionato 22.160 richieste per respingerne 13.900 (8.260 persone sono state accontentate, il 37%). Dato analogo all’Inghilterra, con il 35% di domande accettate.

Ma l’immigrazione è un mondo che non si fa raccontare solo con le statistiche: vedremo, per esempio, che ne sarà di quei 250 rifugiati scappati dalla Libia che da due anni «soggiornano» in un campo nel deserto tunisino, a 50 gradi. Stanno sopravvivendo nella terra di nessuno e nemmeno la burocrazia umanitaria, nonostante le loro ripetute richieste di aiuto rivolte ai governi europei, saprebbe dove collocarli. «Se i governi europei non ci daranno una soluzione non ci resterà che attraversare il mare…», dicono loro. Moriranno? Ce la faranno, magari per diventare nuovi schiavi della vecchia Europa in crisi? Oppure parteciperanno alla lotteria dei rifugiati?

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