Il governo e Giuseppe Conte spingevano per un bilancio ambizioso, considerando l’1,1% del Reddito nazionale lordo europeo inizialmente ipotizzato dalla commissione come «il minimo accettabile». Dunque lo stop di ieri sera è salutato positivamente: la proposta Michel è stata bocciata dal nostro governo.
Le principali richieste e proposte di Conte ai partner europei sono due. La prima è di aumentare le entrate del bilancio sostanzialmente tassando le multinazionali del web. La seconda è mantenere la politica di coesione e il bilancio dell’agricoltura.
Sul primo fronte – coesione – l’Italia è il secondo paese beneficiario; sul secondo – Pac agricoltura – la proposta di rivedere i criteri di distribuzione delle risorse potrebbe essere molto penalizzanti per gli agricoltori italiani.
Altro tema caldo sono i cosidetti rebate – rimborso parziale – per i Paesi più ricchi, il meccanismo inaugurato nel 1984 per accontentare la Thatcher riconoscendo al Regno Unito «correzioni» fuori dai criteri e ancora invalso ad ogni rinnovo. L’Italia si batte per eliminarli, ma il fronte dei paesi cosiddetti «frugali» – Austria, Svezia e Danimarca – punta a mantenerli specie per chi è fuori dall’Euro.
Dal punto di vista dei conti invece, fra i Paesi contributori netti al bilancio dell’Ue, dal 2021 l’Italia potrebbe essere l’unico a non dover aumentare la propria quota per colmare il buco da 10-12 miliardi l’anno creato dalla Brexit e l’addio del Regno Unito.
Il saldo netto del nostro paese, attualmente di circa 4 miliardi, potrebbe infatti diminuire, a differenza di quanto accadrà invece agli altri contributori netti – coloro che contribuiscono al bilancio europeo con più di quanto incassano con i fondi – dalla Germania ai Paesi Bassi.
Una dinamica, quella del futuro contributo italiano, che gli esperti imputano soprattutto all’andamento sostanzialmente negativo registrato negli ultimi anni dal Reddito nazionale lordo (Rnl), il parametro simile al Pil usato per calcolare i contributi dei singoli paesi al bilancio Ue. Il calcolo vale in particolare per la politica di coesione poiché in base alle cifre sul tavolo all’Italia dovrebbero arrivare circa 2 miliardi in più rispetto all’attuale bilancio pluriennale 2014-2020.
Parallelamente ci dovrebbe essere anche una riduzione di spesa, in termini di contributo italiano al bilancio Ue, per la «convergenza esterna» prevista dalla politica agricola, il cui costo, durante i prossimi sette anni, si dovrebbe dimezzare rispetto al mezzo miliardo di euro dell’esercizio finanziario in corso.
La linea Conte dunque al momento sembra perdente. Il premier italiano alla vigilia aveva parlato di una necessaria «modernizzazione dal lato delle entrate» con «nuove forme di finanziamento» tassando «grandi imprese del settore digitale, chi sfrutta le differenze tra i Paesi, e i grandi inquinatori».
Una posizione sconfitta soprattutto dai paesi più piccoli e – sebbene con motivazioni diverse: nuove entrate solo per finanziare i progetti innovativi come il Green new deal – dal gigante tedesco.